lunedì 13 dicembre 2010

Inutilmente




Ancora mi trasformo
nell'intima notte
affiora un me stesso
che di sè taceva.

Perché non te ne vai
spietata megera,
delatrice di un cuore di seta.
Uscite dal mio cielo
corvi del pensiero
non dilaniate più i suoi sogni.

Chissà perchè poi
gli amori si tingono d'abbaglio,
s'incrociano e divergono.
Che strabismo del cuore,
e l'oculista non è l'assenza.

Ostinata è la superbia
mentre ara un campo di sconfitte,
semina gli insulti
e attende che germoglino baci.

Per un silenzio
è  facile smarrirsi,
tuffare i piedi nelle pozzanghere
pur di sentire qualcosa,
ma il suono è asciutto,
l'udito non si bagna.



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