venerdì 4 febbraio 2011

Film, fantasia, realtà.



C'è un film che mi porto nel cuore, il pranzo di Babette. Un ottimo film, con una grandissima interprete. Tutto conduce verso una frase: un artista non è mai povero.
A me è sempre piaciuto giocare col cibo, in convivialità, senza però scadere nelle abbuffate, è la qualità che conta. Amo il motto: chi non sa stare a tavola non sa stare al mondo.
Sono stato invitato a cena da una novella Babette, orgogliosa e consapevole dell'arte sua.
Non mi era mai capitato di trovarmi di fronte ad una fonduta a base di pesce e la sorpresa è stata oltremodo piacevole. Con scioltezza e naturalezza ho visto la tavola, agghindata di una bella tovaglia rosso pompeiano con fiori sparsi, popolarsi via via di ciotoline con salse deliziose, dal curry che io adoro, alla maionese con erbette, al ginger e yogurt ed altre ancora troppo complicate per me da ricordare perchè già lo spumantino secco, preso come aperitivo, mi avvolgeva in mondi goduriosi ed immagini dai contorni sfumati, mentre Babette si muoveva calma e sicura, ed i suoi occhi erano due fornellini accesi che scaldavano tutto ciò che osservava. Poi compaiono due grandi vassoi colmi di varie qualità di pesce, tagliato in piccoli pezzi adagiati su foglie di lattuga e pronti per essere infilzati ed immersi nella pentola d'olio bollente posta al centro tavola.
Che meraviglia sospendere il tempo in una conversazione politematica fatta di tutto quello che viene in mente fra un sapore e l'altro. C'è spazio per tutto, anche per ombre nascoste, ed uno sguardo che momentaneamente s'incupisce per poi tornare ad illuminarsi: Babette non è una persona qualsiasi.
Le frasi s'intrecciano con un'insalatina di finocchio, radicine rosse e semi di cumino. Ed il vino? Perfetto, finalmente un bianco non fruttato che si insinua elegante e discreto nel palato e si armonizza al gusto delicato del pesce.
Ero già gongolante e beato, dolcemente disposto verso il mondo quando arriva il tocco dell'artista, del genio, con la sua fantasia creativa negli abbinamenti e compare in tavola un'altro piccolo fornellino con sopra una ciotola colma di cioccolato fuso nel quale immergere spicchi d'arancia. Da svenire! Ma ancora più superlativo è il connubio con un barolo "chinato" a me sconosciuto. Ne esco vinto nelle resistenze, leggero nel corpo e nell'animo, estasiato, addolcito, inebriato. Proprio come accade ai commensali nel pranzo di Babette. Intanto, marginalmente, affiora in me un pensiero sull'anoressia e l'orrendo baratro in cui sprofondano le adolescenti, frigide sacerdotesse di un'algida negazione del corpo, che devono controllare perchè non ne hanno la misura.
Babette è l'opposto, morbida e rotonda, si muove danzando coi suoi fianchi latini, ed una saggezza antichissima sgorga dalle sue labbra quando parla.
Lo stile non è la ciliegina sulla torta, è la torta.