giovedì 3 febbraio 2011

A privativa



Sul mio profilo facebook, alla voce "orientamento religioso", ho scritto ateo. Poi ho aggiunto ateo abbestia. Poi, siccome ero ancora insoddisfatto, ho aggiunto una semplicissima riflessione sulla A privativa, come se, nel linguaggio e quindi nel pensiero comune, non credere in dio fosse una privazione, come se dio fosse un fatto e non un'invenzione. Allora, ribellandomi (anche se inutilmente perchè non riuscirò a trasformare il linguaggio), ho scritto che vorrei vivere in un mondo in cui non esistesse nemmeno la parola dio, perchè trovo assurda la A privativa, poichè io non mi privo proprio di un bel niente dal momento che dio non esiste. Posso essere amorale, nel senso di pormi al di fuori di una morale e di un comportamento socialmente consolidato ed esistente, ma non posso essere ateo, è una contraddizione in termini. Sarebbe più corretto dire non credente, anche se, come è facile notare, c'è sempre la costrizione all'uso della negazione.
Io invece prediligo il rifiuto e quindi dico NO, perchè preferisco il pensare al credere.
Forse la cosa più saggia ed aristocratica sarebbe stata quella di non scriverci proprio nulla.
Ma già che ci sono mi diverto un po' a denunciare l'orrenda parola tanto cara ai religiosi quando parlano di chi non è dalla loro parte o della loro religione, tolleranza.
Io non tollero un cazzo invece e nemmeno voglio essere tollerato, è la parola più ipocrita che si possa usare nei confronti di chi è diverso da noi, è la parola più lontana dal dialogo e dalla comprensione. E' una parola che cova l'annullamento dell'altro attraverso una onnipotenza delirante del proprio credo. Oltre al fatto che i cattolici, ad esempio, di fatto non tollerano un bel niente, visti i continui e ripetuti attacchi alle conquiste della società civile come la pillola, il divorzio, la ricerca sulle staminali, l'aborto e via dicendo. Perchè, di fatto, non limitano i loro diktat ai propri fedeli ma vogliono imporli anche a chi non è dei loro.
Quindi, forse, sarebbe meglio usare il termine rispetto, ma già mi rendo conto che è assurdo anche questo se, nei presupposti storico-culturali, si hanno credenze incondivisibili come lo sterminio, i roghi, l'annullamento della donna ed altre indicibili violenze.
Posso rispettare un Hitler?
Mi rammarico con me stesso nel vedere che se seguo un filo coerente arrivo sempre alla conclusione che non esiste nessuna possibilità reale di dialogo con chi ha una mentalità religiosa, perchè è un dialogo impossibile. E quindi, contraddicendomi, dovrei ripristinare il termine tolleranza.
Ma non mi riesce, io non tollero le invadenze e i deliri quindi:
Le credenze devono restare nel privato, se sconfinano nel pubblico diventano Anormali.
E così la A privativa gliela rifilo a loro.
(Si vede che non ho un cazzo di meglio da fare stamani? Vabbè, ora scriverò un post più carino)

2 commenti:

Laura Raffaeli ha detto...

non ci scrivere niente, io ho fatto così, io sinceramente non tollero manco stare nei greggi.
se non si appartiene a un gregge, che sia cattolico o musulmano o buddista o induista ecc. allora si è atei.. io non sono atea ma manco sto nel gregge, e quindi? ho una religione tutta mia, e allora? ovviamente non lo chiedo a te ma a tanti "credenti" convinti di essere a posto solo perché incastrati in un gregge...
ricordo quando avevo appena perso la vista anni fa: greggi di cattolici, più che altro proprio mandrie, che si recavano in giro per roma, soprattutto nelle chiese (dove facevano un casino che dava fastidio anche a me che in chiesa non vado mai), ricordo queste truppe di "credenti" che mi travolgevano, se uno non mi vedeva in strada, tutti appresso addosso a me, che paradossalmente sarei stata l'unica col diritto di essere visto in quanto cieca con cane guida.
mi viene di pensare: certo che se pregano e credono come vedono...
ciao, belli i tuoi versi complimenti, laura

ruhevoll ha detto...

Grazie Laura, per me è un regalo anche il solo fatto che tu mi legga, se poi addirittura mi fai i complimenti la giornata s'illumina.