lunedì 25 aprile 2011

aaaa



Un'ombra era affiorata e non sapevo che nome darle, restavo così senza parole o forse sprecandone troppe, mentre le braccia che si erano mosse verso un abbraccio ricadevano silenti lungo il corpo. Quando non si sa dare un nome alle cose si rimane soli. Ma si rimane soli anche quando si riesce a trovare un nome per le cose e non viene sentito.
Ricordo un piccolo aneddoto che mi fece comprendere cosa sia la vera sensibilità tra gli esseri umani. Era un uomo adulto che aveva tra le braccia una bambina piccola piccola e lei guardandolo disse "aaaa" e lui le rispose "aaaa".
Sono giunto ad un'età in cui non m'importano i rapporti ormonali, le comunioni d'intenti o le alleanze ideologiche. Mi ha sempre divertito il luogo comune che dice che invecchiando si torna un po' bambini e fintanto sarò capace di distinguerlo dal rincoglionimento senile mi appare come una ricerca interessante ed essenziale alla qualità della mia vita, quella vita che troppo spesso mi è sfuggita dalle dita come l'oro rosso, obnubilata dalle stringenti necessità materiali o da disattenzioni affettive.

domenica 24 aprile 2011

Attis



Ladri di miti!
Ma a che serve dirlo? Forse chi crede ha la capacità di pensare? Sì, forse ce l'ha, ma non la vuole usare, la vuole negare. Forse ha intrapreso la strada della negazione per opporsi alla dittatura della ragione e, così facendo, non riesce a scoprire che è proprio la ragione a spingerlo verso la fede, perchè la ragione non comprende niente che sia diverso da se stessa e, quindi, ecco che tutto ciò che non è ragione diventa divino o demoniaco, comunque irrazionale e spirituale, facendo nascere la scissione e l'alienazione.
Poi c'è chi gestisce le dimensioni religiose e ne ricava soldi e potere. Chi si assoggetta o si rende complice di quel potere è un sicario o un alleato più o meno consapevole.
Povero Marx, che pensava di liquidare la religione con uno slogan banale. Non riuscì a scoprire le dinamiche psichiche che portano al pensiero religioso e gettò via il bambino con l'acqua sporca. Già, Marx fondava l'identità umana sulla capacità di costruire gli strumenti del proprio lavoro, escludendo quindi i bambini. Non credo ci voglia una particolare intelligenza per capire che, con quell'assunto, al bambino non viene riconosciuta l'identità umana, nè più nè meno di quello che facevano i greci quando fondavano l'identità umana sulla ragione.
E così, attraverso questa rottura di coglioni che è la stupida ragione, abbiamo lasciato che tutto il pensiero per immagini del nostro primo anno di vita andasse a costituire quel "mondo irrazionale" che tanto spaventa i religiosi cristiani che ci vedono il male.
Che palle, dico sempre le stesse cose, ma quando vedo degli atei che festeggiano la Pasqua mi cascano i coglioni.
Sono in trepidante attesa di un carrè di cinghiale, non certo per festeggiare alcunchè, ma solo per godermi la vita e vedere come se la cava la mia amica, novella Babette, alle prese con una bestia impegnativa come il cinghiale. Io, nel frattempo, cazzeggio qui sul blog ma non si creda che non partecipi alla realizzazione, tutt'altro, pontifico sul quantitativo di ginepro o sull'inopportunità di mettere l'alloro che accentuerebbe troppo il sapore selvatico dell'animale. E mentre lo scrivo penso alle corone d'alloro, ma non ricordo bene chi le inventò, se i greci per i vincitori delle gare olimpiche o certi cuochi attici per incoronare i maiali.

venerdì 22 aprile 2011

Ma...



Pare evidente che il dietrofront del governo sul nucleare sia strategico e funzionale ma, mi domando, gli italiani sono così cretini da pensare che il referendum sull'acqua sia meno importante?
Risposta: stando a sentire i timori per il raggiungimento del quorum forse sì.
Io spero di no e spero anche che le miserabili manovre di un miserabile gruppo di potere non riescano ancora una volta a far perno sull'inedia, l'ignavia e l'accidia mentale dei miei compaesani.
Ma...
Per consolarmi/ci metto una canzone che qualche settimana fa ho inciso con un'amica. Abbiamo "visitato", cazzeggiando liberamente abbestia, un capolavoro di Otis Redding (chiedo umilmente scusa alla sua memoria). Questa canzone è stata la colonna sonora della mia adolescenza, insieme a molte altre ovviamente, ma adesso alcune parole le sento tanto ma tanto vicine.
(Non sparate sui musicisti, ché siamo solo in due e senza alcuno scudo. E nemmeno sul video, che è un pretesto per ascoltare la canzone. Le foto sono state gentilmente rubate a Cristimar.) 

domenica 17 aprile 2011

Fancazzista



Ho incontrato un amico verso mezzogiorno e mi ha detto sai? Stamani mi sono svegliato accanto alla mia ragazza e lei aveva un volto dolcissimo. Poi avevo in programma diverse cose logistiche per la giornata, ma quando sono arrivato a casa mia per dare inizio a quelle incombenze c'era un sole così caldo che mi sono sdraiato ad ascoltarlo con la pelle. Forse sono un fancazzista nato ma quel calore lavava via ogni senso del dovere, lasciandomi a tu per tu con l'essenziale. Attraverso gli occhi socchiusi filtrava un riverbero rosso che mi faceva pensare alla vitalità. Ma alla vitalità, a dire il vero, non ci si pensa mai davvero bene, so che viene confusa con la prestanza fisica, quasi fossimo degli animali. E mentre pensavo a questo ecco che si affaccia un altro pensiero per un nesso evidente, la potenza sessuale. Cazzo, mi son detto, ma è possibile che ancora non si riesca a distinguerci dagli animali? Ma lo sa la gente che quell'attributo di genere che appartiene ai maschietti non produce acido lattico e quindi non ha niente a che vedere con la potenza muscolare? E come mai qualcuno insiste a pensare la potenza sessuale come fosse una potenza muscolare, con grande confusione nella testolina delle femminucce più stordite che inseguono immagini da culturisti per ricavarne spesso delusioni e deserti affettivi?
Il sole mi scaldava il buonumore ed il rosso tra le palpebre disegnava il volto della mia amica. Lei cercava la mia vitalità e non i miei muscoli, quelli dovevano essere solo sufficienti a muovermi, ma se io mi fossi mosso senza vitalità sarebbe stata un'assenza-violenza. Ho così capito la stupenda intelligenza delle donne, o almeno di quelle donne che non fingono di essere animali e che hanno rifiutato la cultura-culturistica maschile. Loro cercano la vitalità, perchè senza di essa la vita è una prigione di concetti astratti che le fa morire. Loro cercano l'intelligenza e la fantasia di uomini che rifiutino una cultura maschile che postula nella superiorità muscolare (poi tradotta in potenza economica) una superiorità intellettuale (che a quel punto sarebbe fondata solo sulla sopraffazione). Loro cercano il desiderio e pretendono di viverlo e di avere risposte.
Rispondere al desiderio è l'arte più bella e difficile degli esseri umani, perchè, da maschietto, devo saper rifiutare tutte le stupidità storiche che ci affliggono per riuscire a proporre me stesso senza nessun "portato" culturale e "sconfiggere" le lesioni che una certa cultura può aver arrecato all'immagine femminile.
Senza nessuna scusa.  

martedì 12 aprile 2011

Pragmatismo della fantasia



Ho una dolcissima amica che dice sempre che stare troppo ad elucubrare è come giocare a chi fa la punta più fine alla matita.
Io aggiungo che se la punta è troppo fine rischia di spezzarsi appena la posi sul foglio per scrivere quello che hai pensato.
Per fortuna mi reputo abbastanza rozzo e butto giù i miei pensieri senza andar troppo per il sottile, anche se mi rendo conto che il concetto di "rozzaggine" dipende dai punti di vista.
La mia amica è molto pragmatica, è una sorta di contadina nel senso più nobile del termine, e mi dice sempre che di questi tempi serve ben poco parlare, dal momento che la comunicazione di massa è altamente inquinata e deviata, mentre invece serve molto il fare, concreto.
Le rispondo che qui, in questo piccolissimo e pressochè inutile luogo (il mio blog), l'unico agente inquinante è il mio pensiero o la mia realtà umana, fuori di qui faccio quello che posso, stando attento a non pensare mai che il mio microcosmo sia il mondo intero.
Però ho un'idea assolutamente inestirpabile: gli esseri umani nascono tutti nello stesso modo ma sono tutti diversi.
Prendiamoci un attimo di tempo. 
Come possiamo conciliare l'uguaglianza con la diversità?
La storia fasulla ci ha parlato di razze. In realtà non esistono e, come diceva Einstein, esiste solo la razza umana.
La nostra storia occidentale ci racconta del maschio della specie e delle sue imprese e quando parla della donna lo fa come se parlasse di un animale da riproduzione o di un'icona delle fantasticherie maschili. Quando non lo fa ne parla come se parlasse di un uomo, ovvero annullando la sua diversa identità sessuale (sorvolo sulla visione religiosa della donna perchè è semplicemente indecente).
Siccome non credo in dio e penso che Platone era un cretino, sono portato a pensare che un corpo diverso abbia una realtà psichica diversa. La ragione invece è un comune denominatore ed è sempre uguale a se stessa nel maschio e nella femmina. Ecco che, onde evitare ricerche troppo perturbanti, la ragione ha deciso di essere il fulcro o il cardine dell'identità degli esseri umani.
Ma io invece mi domando che fine fa tutto quello che non è riconducibile alla ragione e che la ragione non può comprendere, ovvero la realtà psichica delle donne e degli uomini quando sognano, amano e fanno le cose per niente. Ossia quando fanno ciò che li caratterizza davvero come umani e non come animali, dato che gli animali non fanno mai niente che non sia per l'utile.
Avrete capito che a me la ragione sta un po' strettina e, essendo io un ateo patentato, non sopporto che tutto ciò che esula dalla ragione vada a finire nella fede o in demenzialità affini.
Adoro la mia amica, anzi la amo, e mi diverte scoprire che sono io, maschietto, che cerco di portare acqua al suo mulino di donna. Mentre lei, donna, mi sprona ad essere concreto e non sognatore.
Io lo trovo delizioso perché ci leggo un andirivieni di situazioni in cui si cerca di portare il sogno a diventare realtà e la realtà a diventare sogno.
Ma adesso so che mi dirà che ho appuntato troppo la matita. Bene, vedrò quanto amabilmente ed abilmente saprà arrotondarla.
Questa, secondo me, è Dialettica con la d maiuscola, quella che esiste solo fra persone diverse che non hanno la violenza ma il desiderio nel loro dna.
E adesso metto un link molto pragmatico, per riconoscere la concretezza della mia amica, perchè adoro l'immagine della contadina che dice pane al pane e vino al vino, pur sapendo che quando le racconto i miei sogni a lei brillano gli occhi.

venerdì 8 aprile 2011

Il nulla nella penna



E' un celebrato ed incensato intellettuale, La Repubblica ne accoglie gli articoli e Feltrinelli ne pubblica i libri.
Discutendo con degli amici è da anni che sosteniamo l'inesistenza del suo pensiero, le sue contraddizioni, le sue dissociazioni.
Parlo di Umberto Galimberti.
Adesso sta per uscire un libro molto interessante di Francesco Bucci: Umberto Galimberti e la mistificazione intellettuale (Coniglio Editore).
Pare che i suoi articoli e i suoi libri siano una sorta di forsennato copiaincolla, un ginepraio di testi riciclati.
Tempo fa dicevo che per far deprimere le persone sensibili ed intelligenti basta incensare un mediocre: ecco che il piatto (in tutti i sensi) è servito, con uno dei maggiori quotidiani italiani che lo venera ed uno dei più importanti editori che lo pubblica, oltre agli elogi di altri intellettuali. Per non parlare dei passaggi in tv...
Segnalo un bell'articolo sul settimanale LEFT di questa settimana, a pagina 56: La filosofia del copia incolla.
Mi domando in che mani, anzi in che penne siamo finiti? Articoli e libri da salotto delle seghe, ma guai a dirlo, si passa per ignoranti. La cultura deve restare una nebbia in cui nascondere il nulla, un mondo rassegnato a produrre dei "pastiche" perché la fantasia, l'intelligenza, la ricerca e la creatività latitano. E' così che si agevola un paese fascista e leghista, perchè se quella è cultura allora meglio l'hard core e a letto alle undici, come diceva una scritta sul muro in Borgo degli Albizi una ventina d'anni fa.

Astrofili



In una notte
fresca e buia
la mia solitudine schiarì
alla luce dei tuoi occhi


La mia pelle
divenne il tuo pensiero,
il tuo corpo
la mia immagine.


Fiume e mare
s'incontrarono sul delta,
gl'inguini colmi
di dolce e sale.

martedì 5 aprile 2011

Rieccoci all'acqua


Sono circa centocinquant'anni che questa fonte butta la sua acqua freschissima e pura. Nei tempi passati gli abitanti di questo piccolo paesino si sono dissetati grazie a lei, hanno dormito in lenzuola pulite grazie a lei ed hanno ascoltato notte e giorno il suo canto gentile.
Adesso non c'è più nessuno, il paesino è abbandonato e quasi completamente diroccato, ma lei continua a cantare e a rinfrescare il corpo dei rari visitatori.
La foto me l'ha data una ninfa, l'ha scattata giusto mentre passavo di lì, col semplice battito delle sue ciglia. Purtroppo se c'è una cosa impossibile da fotografare è proprio l'acqua perché la sua bellezza è nel movimento, nel suono, nel suo scorrere ed ondeggiare, che è un qualcosa che si lega al tempo ma anche al nostro essere vivi.
Senz'acqua si muore, mi ha sussurrato la ninfa mentre posava la sua foto nei miei occhi.
Lo so bene, le ho risposto. Poi le ho chiesto il nome per poterla citare correttamente nel mio blog, ma il suo sorriso era un gorgoglio scintillante e cristallino, per cui non riuscivo a capire bene quale fosse il suo complesso e seducente nome.
Era nuda,  flessuosa, era trasparente e generosa, quando ha capito che non riuscivo comprenderla ha iniziato a danzare turbinando coi piedini sui cerchi concentrici della fonte ed io ho visto apparire le lettere del suo nome che via via svanivano:
Io sono la ninfa dell'acqua di tutti.

venerdì 1 aprile 2011

vetro nero, morbido e flessibile come un giunco





Cazzo era incredibile, mai ho incontrato per strada una così perfetta rappresentazione del narcisismo!
Accidenti a non avere mai la macchina fotografica pronta (quella buona) ed essere costretto a raccogliere immagini pessime, in ritardo e con uno strumento obsoleto.
Vestita di nero, capelli neri, anoressica e col cane nero, sfiorava il suolo come se non esistesse, avrebbe potuto camminare anche su una nuvola. Il mio stomaco si contorceva mentre gli occhi erano affascinati, due messaggi discordanti che si componevano in una verbalizzazione a portata di obbiettivo: anaffettività.
Un culto dell'immagine esterna portato all'estremo per incantare gli occhi altrui e distoglierli, se l'osservatore è incauto, dal contenuto umano. La ricerca ossessiva ed estetizzante di un'immagine (penso anche ai Punk degli anni ottanta) che lascia gli altri come spettatori ammutoliti. Io sono Dio! La manifestazione di un rifiuto che non è tale ma solo un ideale isterico colmo di odio e risentimento, forse per una terribile castrazione, per un'incapacità a trovare un'armonia col mondo.
Non è certo colpa loro, qui non è questione di colpa, semmai hanno creduto alla piattezza delle immagini che son state loro proposte, hanno forse ubbidito troppo ad un "tu devi" che prescindeva dall'affetto e dall'amore,
ripiegando in un esibizionismo che tende ad accecare, a scindere gli occhi dal sentire della pancia per abbagliare col riflesso di uno specchio deformante. Ma è anche addirittura un andare oltre lo specchio, è un'ideale irrisolvibile e irreale, astratto e scisso dal corpo, un corpo che non è più "per l'altro" o "con l'altro" ma al di là dell'altro.
Che roba, nemmeno le sirene forse arriverebbero a tanto. Sono indubbiamente affascinanti perchè rappresentano un'idea di ribellione alla norma, alla schiavitù dalla materia. Ma è suicidio perchè nasconde l'anaffettività.
Ed il cuore, almeno il mio, sanguina per il dispiacere, nel vedere rappresentata l'algida superbia di una mente che non ha più il sentire del corpo, una mente che impone al corpo di essere suo schiavo, una mente che concederà, forse, qualche sussulto genitale ma che non vuole essere toccata nè trasformata dall'incontro con l'altro. Di vetro è il mondo in cui si muove.
Per fortuna molte ragazze riescono a curarsi ed a rimettere i piedi per terra, delicatamente, senza andare in frantumi, magari grazie a qualche chiletto che le riporta giù dalla mongolfiera.
Ma farmi i cazzi miei mai eh?
Anche no se penso che le foto ingrassano.
(Nessun giudizio sulla bella ragazza, mi è servita solo per scrivere le mie scemenze, quanto a lei spero solo che qualcuno riesca ad amarla senza accecarsi e senza violentarla.)

memoria menefreghista

Mi defilai
col dolore nelle costole
in un silenzio incredulo.
Senza timore
che quel silenzio
celasse un'assenza,
un vuoto del cuore.
Fu invece nascita
che del silenzio fece
a mia insaputa 
una memoria d'amore.
Ostinata  la mente
o forse più la fantasia,
l'amata era sparita,
ed io trovai l'immagine,
ché adesso era la mia.


(non è mia la foto però, cazzo!)