mercoledì 25 maggio 2011

Ancora?


Dopo il caso di quel padre che ha "dimenticato" la figlia di 22 mesi in auto sono apparsi diversi articoli sui giornali. Ne prendo due abbastanza rappresentativi anche solo nei titoli.
"Quell’isola di follia in agguato e dentro ognuno di noi" (Luigi Cancrini su L'Unità del 23.5.11)
"Vuoto e pietà Il coraggio di una donna" (Paolo Di Stefano sul corsera del 22.5.11)
Ecco, propongo alcune riflessioni fuori da quegli schemi che a tutt'oggi ingabbiano la conoscenza e la ricerca sulla malattia mentale degli apparentemente "sani".
Quando si parla di malattia mentale tutti scappano a gambe levate perchè c'è un pensiero latente, un pensiero di fondo che come un fantasma paralizza di paura: non esiste cura per la malattia mentale, chi vi cade dentro è segnato per tutta la vita, di un pazzo non ci si può mai fidare.
Ma quello che terrorizza ancora di più è la delinquenza di certi "psichiatri" (e dei giornalisti che li assecondano) che sostengono che la follia è in agguato dentro ognuno di noi. Trovo che sia un meccanismo di pensiero simile a quello della politica estera americana.
La riflessione, alla fin fine nemmeno tanto sottile, è che quegli psichiatri sono ancorati non ad una ricerca scientifica ma ad un pensiero religioso, quello del peccato originale. Oppure, in alternativa parallela, al pensiero greco che vedeva l'animale all'interno dell'uomo, per cui solo l'uomo razionale poteva dirsi tale, i barbari le donne ed i bambini erano animali.
E questo comporta una seconda riflessione-considerazione che dovrebbe essere la seguente: se dentro di noi coviamo un potenziale di pazzia allora necessitiamo di un "poliziotto" in grado di tenere sotto controllo quel mostro che dorme nella nostra mente, ossia della ragione. Infatti viviamo in una cultura che ha coerentemente coniato la celebre frase "il sonno della ragione genera mostri". Le forze di polizia servono a tutelare i cittadini dall'irruzione del pazzo-delinquente (ma ora non sto a sottilizzare sui governi, sulle forze dell'ordine e sulla loro gestione e strumentalizzazione...)
Basaglia pensò che era proprio una società improntata solo all'utile ed al comportamento rigidamente ipocrita e borghese a far ammalare le persone più deboli. Una società che nazisticamente escludeva e recludeva i diversi.
Abbattere i manicomi fu un gesto di enorme umanità.
Purtroppo Basaglia non fu in grado di elaborare una ricerca più approfondita per la cura dei malati di mente. Pensò che "accettarli" li avrebbe aiutati a reinserirsi nella società, in un percorso che avrebbe dovuto trasformare la società stessa portandola a non fuggire più la diversità dei malati. Ma, spietatamente, devo pensare che quell'accettazione era solo una giusta ed umana pietà che non aveva niente a che fare con la cura ma solo col "prendersi cura". Non dobbiamo mai confondere il sacrosanto e dovuto rispetto verso i malati con la cura della malattia. Se io lego una persona ad un letto per anni, se la costringo nel degrado e nell'umiliazione è ovvio che, allorquando la libero dai lacci e la rispetto dandogli abiti puliti e adeguata assistenza, quella persona starà meglio. Ma questo non ha niente a che vedere con la cura specifica della malattia mentale. Stare meglio non vuol dire guarire.
E come dicevo all'inizio pare che anche soltanto ipotizzare una "cura per la guarigione" sia visto come delirio...
Infatti, a ben conoscere il percorso basagliano, il suo pensiero era legato a quello di Binswanger ed all'esistenzialismo. Come si poneva l'esistenzialismo di fronte alla malattia mentale? Si poneva negandola, sostituendo ad essa un vago concetto di disagio e diversità, per cui ognuno doveva essere libero di compiere il proprio destino, fosse anche quello della pazzia e del suicidio (vedi il caso di Ellen West).
Pare che niente sia cambiato ma in realtà è perchè non si vuole che cambi.
Non so quanto influisca il potere delle case farmaceutiche nell'ostacolare i percorsi di ricerca della psicoterapia, ma so che oltre ad esse c'è da combattere il pensiero dei cosiddetti "sani". Di certo non seguendo l'esistenzialismo ma cercando le basi teorico scientifiche della formazione del pensiero, ossia della dinamica della nascita. Non molti si occupano o preoccupano di questa ricerca, liquidandola spesso come "filosofica", ma ritengo che sia la più importante ed imprescindibile ricerca da fare se vogliamo trasformare la società. Dobbiamo liberarci dei portati religioso-culturali per poter intraprendere una ricerca sulla nascita del pensiero umano dalla realtà biologica.
Per poter affrontare il problema di quel padre che ha "dimenticato" la piccoletta in auto non possiamo più prescindere dalla scoperta della pulsione di annullamento, che NON è dimenticanza. Non possiamo dire che può capitare ad ognuno di noi perchè sostenerlo è negazione della fondamentale sanità della maggioranza delle persone. Sostenerlo è un'ignobile alleanza col concetto di Male tanto caro ai cristiani, è un'istigazione alla rassegnazione, è una sorta di condanna eterna all'immodificabilità. Sostenerlo è negazione della malattia mentale. Sostenerlo e poi pensare alla trasformazione della società è una contraddizione in termini.
Per cui quei giornalisti e quegli psichiatri vanno rifiutati perchè conducono verso un regime di controllo poliziesco del comportamento dei sani, perché non sono capaci di affrontare quello dei malati. Per loro siamo tutti potenzialmente matti e così si autoassolvono dalla loro impotenza conoscitiva e, di conseguenza, terapeutica. Per loro è violenza anche la diagnosi stessa di malattia mentale perché non sono in grado di curarla.
Questo è l'inganno a cui dobbiamo ribellarci.
E la ragione è la gabbia in cui rinchiuderci se tentiamo di farlo.
Posso dire loro vaffanculo matto sarai tu?

5 commenti:

Unknown ha detto...

Può essere vero anche il contrario, dunque: negare le pulsioni aggressivo-negative equivale dunque ad affermare assolutisticamente che il BENE trionfa e trionferà?
La relatà non è così manichea, @Ruhe.
Esstono sfumature che vanno al di là di ogni tentativo di catalogazione ed etichettamento.

Io intendo, invece che tra normalità e follia esista un sottile confine che non è eterno: la sanità è un pacchetto in dote (naturale, sociale,...) che va preservata, coltivata, nutrita, difesa, coscientizzata, criticata,..
Pericoloso illudersi di star da un'unica parte di quel confine: non ci si azzecca.

Ti scaldano questi temi.

Mi scaldano, questi argomenti.

che caldo fa?!?!

ruhevoll ha detto...

Beh, Saa, convengo che non sono argomenti estivi, fra poco sarà meglio parlare di granite e birre ghiacciate. Però finchè non fa tanto caldo posso dire che non bisogna cadere nella negazione opposta e dire che non esistono le pulsioni aggressive (in realtà ne esiste solo una). esistono tante sfumature ed hai ragone a pensare che c'è un confine sottile fra sanità e malattia, però c'è ed è nettissimo. Non sarebbe corretto nè onesto confondere tutto e vivere in un perenne porto delle nebbie per mascherarsi o impedire con quel pretesto la ricerca della libertà sostenendo che se uno si lascia andare viene fuori la belva che è nascosta in lui.
Poi esitono la cultura e le consuetudini e talvolta gli individui meno liberi (e più aggrappati alle tradizioni) tendono a negare le libertà altrui perchè non sanno interpretare le stravaganze o le diversità (vedi i leghisti!!!!).
Un abbraccio forte forte forte

Anonimo ha detto...

Io penso che oguno di noi ha dentro di sè il bene e il male, a prescidere concetti e dogmi religiosi o culturali, l'egoismo per esempio è in ognuno di noi, a prescidere malattie e non.
La malattia mentale è una "rottura" dei meccanismi comportamentali che deve essere curata, poi ci soo le malattie dell'anima legate a ferite emotive ( vedi per esempio i minori traumatizzati, o le donne violentate, o i testimoni di assassini) e anche queste devono essere curate ma che in ognuno di noi si annidi un pazz io non ci credo.
Siamo umani e possiamo sbagliare per una serie infinita di motivi nonsempre patologici in senso medico.
Certo la compresione e l'amore, per intendera semplicisticamente alla Basaglia, può aiutare, una carezza fa prendere meglio la medicina, ma egare certe cose è dannoso per chi le ha soprattutto.
Siamo persone e come tali piene di maschere ( mi riferisco alla etimologia della parola) ma non maschere pazze solo legate anche alla fatalità di certi eventi e alla nostra reazione.
Il padre di quella bambina no è un pazzo, a un uomo che sarà disperato per sempre.
Bel post, bella riflessione.
Buona giornata
Cordialmente

ruhevoll ha detto...

@Luce, ho tentato di spiegare che non dobbiamo temere le diagnosi se siamo in grado di curare le malattie. Ho tentato di spiegare che una certa cultura insiste a ritenere gli esseri umani come dei contenitori di pazzia sotto controllo. Ho tentato di dire che si parla pochissimo della scoperta della pulsione d'annullamento (correlata ad una ricerca e ad una teoria troppo scomode per la nostra cultura). Se nel medioevo era normale morire per una banale infezione, farlo oggi è criminale.
Ringrazio te.

Anonimo ha detto...

Continua a tentare di spiegare, come faccio io nel mio piccolo mondo di piccola donna mamma errante, prima o poi non si potrà negare più l'evidenza di un disagio che nasce da troppi schemi e mancanza di umaintà a destra e a sinistra , non in senso politico ma direzionale.
Cordialmente