martedì 17 maggio 2011

nebbie



E' un gioco maledettamente serio.
Questa frase gli frullava nella mente come una pallina nella roulette, ma quando e dove si sarebbe fermata non era dato dal caso ma da qualcos'altro, un qualcos'altro che la mente sapeva (o intuiva) ma negava di saperlo.
Forse era stanca di sapere, forse voleva solo giocare, ma per giocare bisognava sapere. Il sapere  però rendeva il gioco noioso e per questo preferiva illudersi che esistesse la sorte, una sorte un po' particolare però, una sorte vestita di desiderio.
Questo contorto pensiero era l'architettura perennemente instabile della sua vita. Sapeva molto ma il sapere lo uccideva di solitudine e quindi doveva sempre ignorarsi un po' per sopravvivere. Non era ammesso nella cultura avere delle certezze, anche se poche, ed il sapere stesso era visto con sospetto per il semplice fatto che non si doveva mai esser certi di nulla. Il massimo pensiero raggiunto sembrava proprio essere questo: non sappiamo un cazzo e chi pretende di sapere è un violento, un pazzo o un illuso.
Sorrideva felice quando intuiva una speranza di bellezza, ma guai a pensarla, perchè "l'architetto" si sarebbe messo subito al lavoro per costruire castelli in aria, senza avere l'accortezza di prendere esempio dalla musica, che è legata al tempo: prima e poi. Di fatto qualcuno dice che l'architettura è una sorta di musica pietrificata.
Per questo componeva molto raramente ma continuamente, il silenzio era solo il collante necessario ad unire i suoni, quel tempo indefinito che assorbe e stempera il passato tendendo al futuro, l'adesso.
Ed era proprio l'adesso il gioco più deliziosamente e maledettamente serio.

2 commenti:

giacy.nta ha detto...

E' vero, anche la musica è una forma, ma condivide con il tempo l'idea di flusso e con la nebbia quel che di impalpabile ed indeterminato. Ciò che dici a proposito della letteratura mi fa pensare alla scrittura automatica dei dada e dei surrealisti; se ci pensi, qualche relazione c'è.
Buona giornata!

ruhevoll ha detto...

giacy.nta, io addirittura direi che la forma della musica è il tempo, altrimenti non la puoi ascoltare. Quanto alla nebbia ci sembra tale perchè nella musica non c'è pensiero verbale e quindi essa ci porta il più vicino possibile alla sensibilità del nostro primo anno di vita, allorquando non c'era la coscienza ed il linguaggio era fatto di aaaaah.
Buona giornata anche a te!