martedì 10 maggio 2011

Tango



Erano color dell'argento, snelle ed eleganti, alte, inverosimilmente alte, troppo alte, avreste pensato, se vi avessero detto che erano dedicate al ballo. A chi scrive, che non è un esperto di ballo, venne di paragonarle ai cavalli di razza, quelli che per domarli ci vuole non tanto la forza quanto la sapienza ed il sentimento, l'armonia dei movimenti, il dialogo e la sensibilità, l'arte e la follia.
Quando lei le calzava i ballerini meno sprovveduti capivano al volo che avevano di fronte solo due possibilità, una era che la bella ragazza che svettava su quegli spilli fosse matta o presuntuosa, l'altra che fosse una sfida per pochi eletti. Ma gli uomini talvolta sono rozzi e violentatori e non si curano di rispettare i purosangue, per cui si accalcavano ad invitarla, pensando non tanto di far risplendere lei quanto di farsi belli loro. Ahimè questo è il lato più miserabile dell'ammirazione.
Però lei non temeva i polpi (così chiamava i ballerini un tanto al chilo) perchè li avrebbe messi alla prova dei fatti e solo quelli davvero capaci sarebbero stati in grado di sostenere le sue ardite giravolte. Per gli altri non c'era storia, la loro stessa banalità e goffaggine li avrebbe distrutti nel confronto.
Passarono gli anni e quelle scarpette d'argento, che a dire il vero erano dei graziosissimi sandali dal vertiginoso tacco, subirono l'odioso vaglio del tempo. La donna li guardava pensosa, valutandone i piccoli cedimenti. Erano sempre e comunque bellissimi sandali ma quella sera, avendoli calzati dopo molto tempo, si rese conto che niente è eterno. Li aveva messi per ballare col più inesperto ed incapace dei ballerini, e a dire il vero non è appropriata neanche la parola ballerino dal momento che il fortunato non sapeva nemmeno un passo di tango o di qualsivoglia ballo. Ma lei era talmente brava che lo faceva sentire leggero, pur se goffo ed incerto nei passi, fino al punto che lui, per vederla volteggiare, tentava ogni movimento che potesse agevolarla ed accompagnarla nei suoi meravigliosi arabeschi, sognando ad occhi aperti di essere per lei un piccolo principe che piroettava sulle melodie di Piazzolla. In cuor suo l'uomo soffriva molto della sua incapacità, ma faceva coriandoli del proprio orgoglio per amore di quella donna e del suo desiderio di ballare.
Poi si sedettero, un po' accaldati, un po' inebriati.
Lei toccò i sandali, cercando i motivi di quella leggera instabilità che aveva percepito durante il ballo, fra una sacada e una barrida. Si lamentò di questo con l'uomo, soppesando l'idea di portarli da un buon ciabattino.
No, le rispose l'uomo, per quelli ci vuole un liutaio.

3 commenti:

Ladoratrice ha detto...

Bellissimo.

Grazia ha detto...

Un sogno lungo un tango..

Anonimo ha detto...

Bellissimo racconto, perfetto come i passi di quella danza magica. Danzi anche tu con le parole.
Cordialmente