sabato 8 ottobre 2011

Certe volte la speranza è la prima a morire.



Forse per seguirmi in certi ragionamenti e certe deduzioni occorre un po' di fantasia. Con questo non voglio intendere di aver ragione, il mio è solo un suggerimento, dato che mi rendo conto di usare una metodologia di pensiero un po' diversa da quella del razionalismo positivista.
Lo ripeto spesso: quando sento qualcuno giustificarsi con la legge di mercato lo guardo come potrei guardare un prete che farnetica di giudizio universale.
La cosiddetta legge di mercato altro non è che una banale osservazione, piatta e razionale, di un fenomeno dietro al quale si cela una visione dell'identità umana come "animale".
Volete che metta in ordine i miei pensieri?
In verità lo sono già, ma aggiungo un link interessante, che porta acqua al mio mulino.
La razionalità finalizza tutto all'utile e quindi fondare l'identità umana sulla ratio significa pensare gli esseri umani come animali, perchè non dovrebbe sfuggire all'intelligenza umana che gli animali non fanno mai niente che non sia finalizzato all'utile. Sono dunque razionalissimi.
Mai, dico mai, ho ascoltato un mottetto a quattro voci composto da un babbuino.
Se ci sono esseri umani che compongono mottetti allora vuol dire che non sono animali.
Un mottetto presuppone una fantasia e una capacità compositiva che esulano dalla razionalità per entrare nel mondo dell'arte.
L'arte è la capacità di immaginare e rappresentare non la realtà per come essa è ma per come la vediamo o per come potrebbe essere.
L'arte è una sorta di speranza (ma qui il discorso si fa complesso).
Gli economisti, purtroppo, non sono artisti e, quel che è peggio, sembrano accreditare la menzogna che mette sullo stesso piano l'uomo in rapporto alle cose con l'uomo in rapporto alle persone.
Il loro percorso mentale è piuttosto limitato perchè osservano (con l'illuminismo di Lavoisier) solo l'apparenza delle cose materiali e dicono che in natura nulla si genera, nulla si distrugge, tutto si trasforma.
Prendiamo però l'ultima parola e rapportiamola non alla realtà fisica materiale ma alla realtà psichica umana, che è non materiale. Cosa significa in questo caso trasformazione?
Significa non pensare più con una metodologia di pensiero immobile e vecchia di migliaia di anni, poichè essa annulla implicitamente ogni trasformazione ed evoluzione del pensiero stesso. In altri termini il metodo razionale è nemico di ogni trasformazione perchè annulla tutto ciò che non corrisponde a se stesso, liquidandolo come ir-razionale (questo lo ripeto fino alla noia) ed inchiodando la ricerca della realtà umana sulla croce del positivismo.
Scoprire invece che è la capacità di immaginare a permetterci di pensare e che la ragione è solo una serva al servizio della fantasia significa finalmente attribuire valore al conducente dell'auto invece che alla sua auto.
Purtroppo ancora non è così e per questo l'economia mondiale passa sopra i cadaveri di milioni e milioni di persone pur di vendere auto, armi o qualsiasi altro oggetto, in un'ottica di crescita illimitata che, a ben guardare, è schizofrenica perchè contraddice il principio stesso di Lavoisier.
La legge di mercato è la cosa più stupida e violenta che si possa invocare, al pari del debito pubblico che è inestinguibile per sua stessa natura.
Riprendo quindi la domanda di Pessoa del precedente post:
Dove sono i vivi?

4 commenti:

giacy.nta ha detto...

Hai ragione. Forse bisognerebbe iniziare dal linguaggio. Molti dei termini che usiamo ricadono in una logica di mercato, utilitaristica. Nell'espressione che ho adoperato sopra ed in questa che sto scrivendo, ce ne sono due ( "usiamo", "adoperato" ). Devo arrovellarmi per trovare dei termini diversi...

:-)

ruhevoll ha detto...

Giacy.nta, possiamo adoperare qualsiasi linguaggio, ma dobbiamo intenderci sul significato e, soprattutto, sul senso che diamo alle parole e, quindi, alle cose. Però hai ragione, se si scelgono termini ristretti si finisce per avere una mente ristretta. Non ci avevo pensato. Grazie!!!

Grazia ha detto...

Difficile ma davvero interessante questo tuo post.Ovviamente, ( è un vizio di mestiere) penso ci sia da molto riflettere sul valore " scardinante"( non mi viene un'altra parola) dell'arte capace di sovvertire ogni logica, compresa quella di mercato.Almeno spero.
Inutile che ti ringrazi ancora una volta per i pensieri che sai suscitare. A presto

ruhevoll ha detto...

Oh, Grazia, mi vengono in mente le palafitte. Chi glielo faceva fare ai primitivi di abbandonare le comode caverne, dove non ci pioveva e la temperatura era stabile? Le prime palafitte erano sicuramente un disastro! Ma mi pare ovvio che un primitivo pieno di immaginazione ebbe l'esigenza (non il bisogno)di vedere realizzata la sua idea e, a forza di tentativi, sfruttando quella serva che è la razionalità, riuscì nell'impresa e divenne architetto.
In principio era l'immagine, non il verbo e nemmeno la ratio!!!
Un abbraccione