mercoledì 30 marzo 2011

riciclaggio


Stuzzicato da un blog che seguo, in mancanza di idee fresche, mi riciclo come un rifiuto. In fondo, se si continua così, il nostro futuro sarà fatto di rifiuti. Ma a pensarci bene ho anche un altro motivo per riproporre questo elementare raccontino...per fortuna, anzi per Fortuna.


Aveva appoggiato il sigaro sul tavolo fuori, in giardino. Lo aveva acceso poco prima di cena, svogliatamente, mentre sorseggiava un po' di vino rosso in attesa di mettersi a tavola. Lo aveva lasciato sul bordo del tavolo perchè si era spento e, siccome era praticamente intero, pensò di finirlo dopo cena. Si era distratto facendo alcune cose, poi era entrato in casa a preparare qualcosa da mangiare. Cenò. Osservando il piatto che si era cucinato notò una certa somiglianza con il pastone che anni addietro preparava al cane. Essendo certo di non essere un cane prese distanza da quell'osservazione e pensò alla sua vita in quel momento. Tutto quello che riuscì a concludere fu che in quel momento non gli importava niente del cibo. Ma quando ebbe finito quel pasto indefinibile si ricordò del sigaro e lo cercò dove lo aveva lasciato. Non c'era. Guardò per terra, sicuro che un suo movimento o il vento l'avessero fatto cadere. Non c'era. Controllò più volte stizzito l'erba ai piedi del tavolo. Niente. Gli sembrò assurdo. Si fermò un attimo a ricordare i movimenti fatti, ripercorse l'ultima mezz'ora, era mezz'ora? Che strano. Ricontrollò ancora con gli occhi che cercavano l'immagine del sigaro e la mente che vagava a ripercorrere le cose fatte. Era certo, si rivedeva nell'atto di poggiare il sigaro attentamente perchè non cadesse, poi aveva spostato la sedia e si era voltato a guardare le colline con la luce che amava di più, quella radente che allunga le ombre e non oltraggia gli occhi, era entrato in casa e si era messo a cucinare quel pastone che adesso si aggirava nel suo stomaco, era tornato fuori col piatto in una mano ed il bicchiere di nuovo riempito nell'altra, aveva cenato e aveva cercato il sigaro. Se non era lì voleva dire che qualcosa gli sfuggiva, o lui non lo vedeva, o aveva cancellato qualcosa, o qualcuno aveva preso il sigaro per fargli uno scherzo. Ma lassù non c'era nessuno, quasi mai. Ovviamente la cosa non lo preoccupava, si accese un'altro sigaro e se lo fumò di gusto, ma una piccolissima traccia di perplessità gli rimase in fondo ai pensieri. Le cose non possono sparire! Così continuò a domandarsi se non avesse "cancellato" un proprio movimento, una cosa fatta, magari il sigaro lo aveva riacceso e fumato e poi gettato. Ma perchè non ricordarsene? Sì, è una cosa insignificante, di cui quasi si può non avere coscienza, un automatismo quotidiano che lascia il tempo che trova. Ma lui non ricordava di averlo riacceso, era sicuro di questo. Una leggerissima inquietudine legava quei pensieri ad altri mentre cominciava ad appisolarsi sulla sdraio, accompagnato dal canto dei grilli e dai mormorii di una brezza leggera nel bosco. Una brezza leggera, una brezza leggera, lentamente queste parole si trasformarono in una bella ragazza, quasi un anagramma, che dallo stradello che si inerpicava tra le querce e i frassini scendeva verso la casa nella penombra del crepuscolo ormai inoltrato. Il suono frusciante dei suoi passi leggeri lo richiamò dal dormiveglia. Aveva un vestito molto semplice a fiori piccoli, di quelli che stanno sempre bene intorno ad un corpo aggraziato e snello, un tessuto che tremava per ogni alito di vento, quasi fosse un fremito della sua pelle, così come facevano i suoi capelli, né lunghi né corti, ma morbidi e liberi di incorniciare in vari modi quel volto mobile e indefinibile. Bello sicuramente, affilato, calmo e inquieto. Vide quella figura piegarsi per raccogliere qualcosa nell'erba e tendere la mano verso di lui per porgergli quello che aveva raccolto, un mozzicone di sigaro. Si avvicinò ancora lievemente, quasi stesse cercando di dare da mangiare ad un diffidente animale selvatico.
Le fa male fumare, disse la ragazza con garbo, e poi nel bosco può essere pericoloso. Lui prese il sigaro e lo poggiò, di nuovo, sul bordo del tavolo. Hai ragione, rispose quasi avvilito per il lei che la ragazza gli aveva rivolto, facendolo sentire irrimediabilmente vecchio in confronto a quei lineamenti dolci e alla pelle così liscia, al suo profumo ed al suono della sua voce. Sai, disse sorridendo, ho sempre avuto problemi di svezzamento, questo è il mio ciucciotto. Poi si pentì di una battuta così stupida, ma pensò che tanto si sarebbe sentito stupido comunque di fronte alla sua bellezza. Accidenti non li ha ancora risolti? Disse lei mentre il volto si illuminava in un sorriso divertito. Finchè vedo cose brutte si, ma se appare la perla della vita regredisco anche senza volerlo. E qual'è la perla della vita? Chiese sempre più allegra. Oh, non si ha quasi mai il coraggio di dirlo, resta forse sempre un sogno e nel sogno si trasforma, ognuno ne è geloso e la tiene ben stretta dentro di sè, ma poi, senza sapere come, se la ritrova fuori e la rivuole ad ogni costo. Ma come fa ad andare fuori, chiese la ragazza. Dagli occhi se la svigna, c'è gente che li tiene sempre chiusi per non farsela sfuggire e così la perla si opacizza per mancanza di luce. E come si fa a riprendersela? Eh, questo è un bel problema, dipende da tante cose, da chi se l'è presa, dal carattere che ha, da quello che fa, se hai qualcosa da offrire in cambio, se gli vai a genio, ce ne vuole....Ma se era tua con che diritto te la prendono? Non lo sanno, in genere, è lei che se ne va lì, come una foglia portata dal vento,  un cappello che ti sfugge dalla testa, una moneta che ti cade dalle dita, dipende sempre molto da dove si ferma. A volte se ne torna subito, da sola, senza che tu faccia nulla, a volte basta la pazienza di chinarsi e raccoglierla, ripulirla un po', a volte non ne vuole sapere di tornare da te, quasi si trovasse meglio con la persona a cui è finita fra i capelli, negli occhi, nella voce. E uno senza non può stare? Senza la perla della vita no, o meglio sì, per vegetare ma non fiorire, per ascoltare i rumori ma non i suoni, spostarsi ma non viaggiare. E lei ce l'ha o l'ha perduta? Se ne sta volando via proprio adesso.

martedì 29 marzo 2011

L'azzurro dopo il tramonto



"Pare che sia difficile per Gheddafi separarsi da un potere durato più di quarant'anni." 
Prendo questa frase, pronunciata da Mentana sulla 7, per pensare a cosa sia la separazione.
Per aiutarmi metto il K379 e lascio le dita libere, in una serata che mi regala un azzurro cobalto, frastagliato da un noce gigantesco là sullo sfondo e che ancora non ha messo le nuove foglie.
Chissà se il noce ha problemi di separazione dalle sue foglie in autunno.
Io, lo ammetto, ho sempre avuto problemi di separazione, non certo dalle cose ma dalle persone, dalle persone che amavo ma, se fossi sincero, dovrei dire che amo, perchè quando ho amato ho vissuto momenti magici e, anche se le storie d'amore finiscono, quel che mi resta è il bello, per cui dimentico sempre le cadute di stile, mie o dell'altra, perchè sono dettagli che andrebbero lasciati generosamente all'umanità di ognuno, sennò che amore sarebbe.
E questa non so se è una questone di stile.
Ma, va detto subito, i miei rapporti non sono mai stati di potere.
Quindi, mi chiedo, con calma, che cazzo di frase è quella del giornalista della 7???
Mi infastidisco da solo quando butto là delle frasi che appaiono apodittiche ma... la separazione è il cardine della nostra esistenza, quindi è un'arte che la percorre dall'inizio alla fine, minuto per minuto, giorno per giorno, e niente si perde se si accetta di perdere tutto.
Ma forse è una questione d'amore che non riguarda il giornalismo, sarebbe un chiedere troppo all'intelligenza mediatica, di solito scarsissima e scissa dalla reale sensibilità delle persone che davvero vivono e cercano.
Possiamo preoccuparci dei problemi di separazione di Gheddafi?

Attualità medievale



Mah, parlavo dei giovani, della ricerca, della fantasia, della gioia di vivere, del rifiuto delle ideologie, dell'importanza di una metodologia di pensiero libera da vecchie dinamiche e vetuste idee.
Ecco un ovino fresco di medioevo!
Insisto sempre sulla necessità ineludibile di relegare la religiosità nella sfera del privato, ma il privato dilaga lo stesso nel pubblico se a monte c'è un difetto di comprensione.
Non serve dire ad uno stupido che è stupido, perché se fosse in grado di capirlo non sarebbe stupido. Occorre allora, caritatevolmente, assegnarlo ad incarichi di minor responsabilità, in fondo c'è posto per tutti a questo mondo, è fondamentale però non stare nel posto sbagliato.

domenica 27 marzo 2011

Maremma!!!



Nei primi anni settanta scorrazzavo col mio camper rosso (perduto-venduto), i capelli lunghi (semi-perduti, ma non si possono ricomprare se non al prezzo del cattivo gusto), i jeans strappati (ora li fanno finti, penosi.), collanine e braccialetti (deposti fino alla nudità, quando lascerò anche l'orologio il mio percorso sarà completato), la chitarra (quella c'è sempre anche se nel tempo ha cambiato immagine ed ora è una sofisticatissima signora uscita- che coincidenza- nel '74 dalle mani di un liutaio romano) la macchina fotografica (era una Nikon F, adesso ho una asettica reflex digitale), la musica di Cat Stevens (ora ascolto Rokia Traorè e vaneggio con Mahler), gli spinelli e qualche acido (ero cretino ma adesso viaggio ad ibuprofene cazzo!), insomma potrei dilungarmi in questo elenco di icone ma venerdì ero su un camper VW rosso e correvo su una strada assolata della maremma con Crosby Still And Nash a palla. La mia amica rideva felice e, col sole negli occhi, ha tirato fuori la battuta più autenticamente ironica che abbia sentito in questo periodo: nonno dei fiori!
Vaffanculo, senza un minimo di autoironia non si vive.
A difendere la mia autostima, per fortuna, è intervenuto Picasso: Occorrono molti anni per diventare giovani!


Ed allora ho pensato ai giovani, io non lo sono più da un pezzo, e ai luoghi comuni su di loro: tutte stronzate! Se sei giovane hai fantasia, se non hai fantasia sei vecchio. Se credi in un Dio sei vecchio, se credi nell'amore sei giovane. Se ti prendi le fregature per amore sei giovane, se ti prendi fregature per Dio sei un cretino. Se fai cazzate per amore sei giovane, se fai cazzate per un'ideologia sei scemo.
I giovani chiedono e cercano amore, ostinatamente. E non è una banalità dire che molti di loro sono come messaggi in una bottiglia, mentre molti vecchi sono bottiglie senza nessun messaggio!


Alla fine, ma ancora non ci sono arrivato per fortuna, contano le immagini che hai sottopelle, quelle lasciate dalle ragazze e dalle donne, quelle lasciate dagli amici e quelle lasciate dalla tua ingenuità o stupidità, dai tuoi sogni e dal tuo vissuto. Senza nessuna competitività, solo per il bello della diversità individuale che crea rapporti all'infinito.
Corro con un bel camper rosso e gioco col tempo, avendo imparato a non ripetere mai le stesse cose ma piuttosto a riviverle e ricrearle con l'aiuto di qualcuno che mi regala il suo amore senza chiedermi niente in cambio. Ci sta e basta!
E così le immagini diventano molto più profonde, perchè sono tutte frutto di rapporti vissuti e gelosamente custoditi nella propria memoria.


Il comunismo era stupido e violento perchè negava l'individualità e la diversità. Non si può farneticare di uguaglianza se non si è scoperto la diversità reale fra un uomo e una donna.
Nel sessantotto inneggiavamo alla libertà sessuale, ma i maestri di pensiero erano Sartre e Marcuse e propagavano la libertà delle seghe.
La libertà sessuale è ben altro.
Adesso ho fiducia nel movimento dell'Onda, nella capacità di questi giovani di non farsi fregare e di non legarsi a nessuna ideologia per attuare un "fare" concreto che li renda liberi dai fallimenti ideologici dei loro predecessori e dalle grinfie di una cultura lobotomizzante.
Poi ognuno se la giocherà come vuole.
A ciascuno la sua ricerca.
Io vado per mare, non voglio tappi di cera, ho occhi non scissi dalle orecchie, ed Ulisse era un povero maritino.
(Sono un gran bugiardo, avevo detto che non avrei scritto niente, sono volubile e, quindi, umano)

mercoledì 23 marzo 2011

Decalogo



Questa sorta di decalogo è apocrifo. Appare elementare ma talvolta le cose elementari non è detto che siano conosciute da tutti. Di questi tempi, per quel che vale nel mio blog, trovo utile riproporlo nella speranza che venga diffuso il più possibile. Penso che l'autore, sia esso Chomsky o chicchessia, ne sarebbe lieto.
Io comunque lo ringrazio tardivamente.

venerdì 18 marzo 2011

Che tipo!



Questo tipo mi ha rubato il cuore, siamo diventati spontaneamente amici. Mai ho trovato in una persona tanta immediata disponibilità al gioco ed all'affetto.
Qualcuno dirà: bella forza, è un bambino. Ed io dirò che per essere così un bambino ha bisogno di trovare conferme negli altri, non insegnamento.
Il suo è un continuo osservare e comprendere, ci pensa da sè ad imparare le cose, basta che gli altri non gli propongano quella dissociazione a cui sono andati incontro, una dissociazione fra fare e sentire o fra dire e fare che gli confonderebbe le idee. Il "sapere" degli adulti è troppo spesso intriso del veleno della negazione, dell'astrazione e della masturbazione. Talvolta è addirittura un sapere fondato sull'annullamento dell'altro.


In questo blog non ho più voglia di scriverci niente, se ne va anche l'ultima fettina di narcisismo, mentre la mia costituzionale insofferenza torna a farsi sentire.
Non lo chiuderò, forse metterò solo delle immagini, forse.
Sono così stanco delle mie parole.
Preferisco il sentire del corpo, gli sguardi a perdita d'occhio e quel capirsi al volo che si libera del linguaggio articolato per sviluppare il fare e l'immaginare, concreti.
Mi ci sono voluti anni per recuperare un me stesso che non esisteva più. Grato all'altro essere umano di non aver tentato di insegnarmi nulla ma solo di avermi permesso di osservare e prendermi il tempo necessario per fare. Un segreto raro che pochi sanno realizzare e verbalizzare correttamente, si chiama amore, ma non è una parola astratta o cristianamente deformata, è la semplice capacità di essere esseri umani al di fuori di ogni ideologia o patologia.
Il tipo nella foto, credetemi, è assolutamente sano e sgombro da qualsiasi ideologia o religione. Se mi rapporto a lui mi rendo immediatamente conto di quante volte noi adulti tentiamo, nei modi più disparati, di recuperare una genuina ingenuità che ci sembra perduta o demolita sotto i colpi della nostra asfissiante cultura. Facciamo giravolte, c'è chi si veste in modi strani per dire che è libero e diverso, senza capire mai cosa davvero sia la diversità e la libertà. Lottiamo politicamente per un certo ideale di "umanità" senza però saper mai dire in cosa consista veramente quella umanità, col rischio che qualcuno prenda derive allucinanti. Oppure diciamo che tutto è lecito, tutto va bene, in un esistenzialismo (lo so, mi ripeto) astratto e dissociato, pervaso di negazione.
Alberga ancora nella mente di troppi di noi l'idea che al fondo di tutto ci sia il Male come naturale predisposizione dell'essere umano.
Il tipo continua a guardarmi e ride coi suoi occhietti furbi e curiosi, certo che nell'altro non esista niente che possa fargli del male. Chissà da dove ha ricavato quella speranza-certezza. Ha sicuramente capito la differenza fra mondo umano e mondo non umano. Spiegargli adesso che talvolta è il mondo umano a diventare non umano sarebbe una orribile violenza, una violenza che cultura e religione operano sistematicamente sulla mente dei bambini attraverso genitori o insegnanti nel ruolo di sicari.
Il tipo nella foto ha avuto un gran culo, perchè sembra non aver incontrato niente di tutto questo sul suo cammino.
Ma dove cazzo è vissuto?

giovedì 17 marzo 2011

Farfalle e vino



Ti è mai capitato, chiedevo ieri sera ad un'amica, di fare tutta una serie di appassionanti e liberi ragionamenti, magari accompagnati da qualche bicchiere di buon vino, e di percorrerli nelle loro diramazioni e implicazioni più nascoste, sentendoti anche intelligente in questo avventurarti leggero nell'impalpabile mondo del pensiero e delle immagini mentali, per poi giungere ad una sorta di catartica conclusione che racchiudi in una frase che, appena detta, ti appare di una banalità abissale, paragonabile alla scoperta dell'acqua calda?
La mia amica, per fortuna, ha detto che capita anche a lei.
Ero salvo.
Bene, la frase altisonante che avevo con tanta tribolazione partorito, dopo aver lasciato la mente libera di addentrarsi nei grandi misteri della conoscenza era questa: un rapporto è vero quando all'altro si riesce a dire la verità, qualsiasi essa sia.
Appena pronunciata la frase il mio volto deve avere assunto un'espressione assai ironica ed autocritica, lo leggevo in quello della mia amica che mi stava osservando, mentre sentivo le labbra ed il corpo tutto covare un'incontenibile ilarità.
Forse la verità vera l'ho vista nelle risate a crepapelle che ci siamo fatti dopo.
Stamani, evidentemente non ancora sazio di pensieri un tanto al chilo, ho confezionato un'altra cazzata e l'ho depositata sul cuscino della mia amica: la verità è una farfalla, vive solo un giorno, ma la sua immagine ci resta per tutta la vita.
Ecco, per oggi direi che può bastare...

mercoledì 16 marzo 2011

nucleare


Ai tempi del referendum sul nucleare, quello del 1986, all'ENEL decisero di fare la manutenzione ordinaria delle centrali elettriche in un periodo di massimi consumi, al fine di ottenere un bel black out e indurre la popolazione a credere che il nucleare fosse una necessità ineludibile. Una volta tanto gli italiani non ci cascarono.
Oggi, dopo il disastro del Giappone, voglio vedere cosa si inventano per sostenere la necessità del nucleare.
Ecco, non ho dovuto aspettare molto, la nostra protezione civile è solerte. Avevo appena scritto l'ultima frase e mi sono imbattuto in questa perla!

sabato 12 marzo 2011

il suono della cantina



Dunque vediamo, dove ero rimasto? Ah sì, ero sceso in cantina.
Il luogo è particolare, degno di evocare suggestioni alla Poe come nella botte di Amontillado (cazzo!). Accompagnato dalla padrona ho intrapreso la discesa in un buio debolmente rischiarato dalla tremula luce dei miei fantasmi, un vero spasso. Da ragazzino amavo le ville abbandonate e le esploravo insieme al mio amico, ora non sono più un ragazzino, nell'aspetto, forse nell'animo, che non ha età ma solo memorie, e la cosa mi gioca anche dei brutti scherzi.
Devo smetterla di divagare narcisisticamente, che diamine!
Come ho scritto giorni addietro sto vivendo nel tardo rinascimento, ospite in una villa cinquecentesca con tanto di grotta del Buontalenti. Il tempo si muove nella fantasia e, scendendo nel buio della cantina, mi sono accorto che Caravaggio stava già dipingendo nei nostri occhi quei fantastici contrasti di ombra e di luce che fanno uscire dalla tela le sue immagini, con la carne che diventa viva, palpabile e traboccante di sostanza umana.
Oddio, la penombra mi dà al cervello, non si creda che sia il vino, semmai è la padrona, che ha uno sguardo al nero d'Avola e le labbra...lasciamo stare.
Il silenzio è quasi una presenza, incombe, rotto solamente dai nostri passi-respiri, sospeso nei nostri occhi che lo scrutano quasi fosse un'immagine.
Sì, il silenzio ha un'immagine, duttile, molto duttile, il silenzio è il proteo delle nostre ansie o delle nostre paure, se le abbiamo, sta a noi renderlo un ruhevoll.
Di solito s'intende la cantina come un luogo basso e ristretto, questa, o meglio queste, sono immense, labirintiche e mi è inevitabile pensare all'inconscio, anche se pensarlo in senso spaziale è errato, l'inconscio non è un altrove, c'è sempre, è qui, proprio qui ora, si nasconde o disvela nel susseguirsi di veglia e sogno.
Come un corso d'acqua, leviga e solca la nostra carne dal di dentro e dal di fuori, forgia le espressioni dei nostri volti al di là della genetica, forse ogni ruga è una storia, ed ora molte storie ramificano sul mio volto. La mia amica si diverte a capovolgerlo come una clessidra, è un po' strega, ed i miei occhi, dice lei, brillano o si adombrano in continuazione, a seconda del tempo che mi resta per amarla.
Io rido, perchè lei non vede i suoi...
Ed intanto continuiamo a giocare ai fantasmi, nell'ombra di una nicchia, ben sapendo quanta luce ci aspetta appena usciti.
Rinascere?
Continuamente.
Ma qui si vedono cose trasfigurate dalla penombra, ho visto un me stesso incatenato ad una ruota ai tempi dell'inquisizione, poi lei che camminava su una fune tesa su un sogno . Quante volte sono caduto nel tentativo di raggiungere un volto all'altro capo della fune. Ma anche, ostinatamente, cadendo, sono riuscito a portare via con me almeno l'immagine di quel volto, rendendolo suono nell'abisso in cui scivolavo allo scadere del sogno. Ho portato con me sorrisi e parole d'amore, ascoltando i primi ed osservando le seconde, proprio il contrario di quello che fa la coscienza.
La padrona sorride, col suo sorriso profondo, senza rughe, eppure così carico di storie da illuminare il tempo a venire, libera dalla fretta.
E questo mi permette di giocare al mio gioco preferito, fatto di tempo e movimento di immagini.

venerdì 11 marzo 2011

Un ottimo rosso



Eppure mi sembra che fino a qualche tempo fa scrivevo meglio, sempre nei miei limiti ovviamente.
Non riesco a spiegarmi il rapporto inversamente proporzionale fra capacità di scrivere e capacità di vivere. Forse quando sono solo m'invento le cose per lenire la solitudine e quando non sono solo vivo intensamente e basta.
Se tornerò a scrivere meglio vorrà dire che starò peggio?
O forse è l'insofferenza la vera musa?
Non so, ora non sopporto di spalmare male i miei pensieri su questa fetta di monitor.
Scendo in cantina, è assai più divertente.

giovedì 10 marzo 2011

pensieri ramati

Forse sono antipatico e poco conciliante.
Me ne dispiaccio ma non tengo un blog per elemosinare consensi.
Detesto il politically correct e a pensarci bene sono anche antidemocratico se la democrazia è la media matematica fra idee geniali e idee cretine, soprattutto quando le seconde vengono fatte passare per libertà di pensiero.




Per fortuna
è quasi primavera,
me lo ha detto il mandorlo,
intanto il rame del tramonto
si posa sui rami del tiglio
ansiosi di luce.





martedì 8 marzo 2011

Separazione, diversità, uguaglianza

Non avrei voluto scrivere niente per l'otto marzo, non mi piace celebrare una festa per uno dei due sessi, preferirei celebrare, ogni giorno, una festa per tutti noi. Ho sempre avuto la sensazione che quella di oggi fosse una festa che nascondeva una divisione, ed infatti ho sempre visto gruppi di donne andarsene da sole a cena a festeggiare non so cosa, la solitudine?
Io, amore mio, festeggio il nostro amore ad ogni amplesso e ad ogni mattina in cui ho la fortuna di svegliarmi accanto a te, in ogni momento in cui riesco a leggere la felicità nei tuoi occhi attraverso i miei che la riflettono, finestrelle che si affacciano le une sulle altre per poter scoprire il mondo, quello vero, quello fatto di rapporto con l'essere umano diverso da sè.
Se celebrassi questa festa una sola volta all'anno sarebbe una ben misera esistenza, significherebbe che per tutti gli altri giorni viviamo in trincea gli uni contro gli altri, incapaci di rapportarci alla diversità dell'altro. E mi oppongo allo scippo ed alla mistificazione che alcuni omosessuali fanno del termine diversità per definirsi o definire il loro modo di essere, poiché loro, anche se li rispetto assolutamente, non amano la vera diversità, la annullano.
Annullare la diversità dell'altro sesso per poi riconoscerla solo astrattamente è un'operazione micidiale che sfila la vitalità dalla spina dorsale e rende tutto indifferenziato ed indifferente.
Il rapporto col diverso da sè è ben altro, costa la crisi del proprio narcisismo per l'insorgenza del desiderio. 
A me non piace celebrare, piace vivere e quello che vivo non ha bisogno di essere celebrato perchè fa parte di quell'ovvio dell'esistenza senza il quale la vita non meriterebbe questo nome.
Auspicherei piuttosto una festa per l'abbandono e la separazione dal pensiero greco e dalla cultura da esso scaturita. Una festa che ponesse la nascita dell'essere umano come unica e primigenia fonte di uguaglianza fra gli individui e prendesse finalmente atto che solo dopo lo svezzamento le strade delle donne e degli uomini si separano per permettere loro di incontrarsi e confrontarsi continuamente in virtù della loro diversità fisica e psichica, nel più creativo e trasformativo dei rapporti, in assoluto.
Senza ragione. 

lunedì 7 marzo 2011

il mondo è fatto a scale

Ed alla fine mi annoiai.
La noia è come una morte e per sentirci vivi la fuggiamo.
Per questo ora fuggo e corro sù per gradini colorati, o forse giù, che importa, tanto non so quanto sia lunga la scala, nè so a che punto sono e nemmeno se si deve salire o scendere.
Non si deve mai niente.
Tento di aprire serrature arrugginite
e suono l'ombra di una campanella.
Trovo storie intense e sento suoni che sono immagini.
E non mi annoio più.


(foto di Cristimar)

giovedì 3 marzo 2011

Gioco



Con questi ultimi farfugliamenti a cazzo di cane sul rinascimento mi ritrovo a vedere le cose come in un quadro di quel tempo. In fondo basta poco, è sufficiente una cena al lume di candela ed un minimo di fantasia.
Il susseguirsi quotidiano di avvenimenti demenziali nella vita politica del nostro paese e lo squallore cronistico dei media mi obbligano, per respirare un po', a giocare coi secoli e amoreggiare con una "Pasionaria" rincorrendola per le stanze di una villa. Qualcuno si chiederà cosa diavolo c'entra la Pasionaria col rinascimento, niente, ma è divertente come un'insalatina di storia, perchè se nell'insalata metti solo la lattuga diventi triste, stupido ed anche anoressico. So che nei sogni, talvolta, l'insalata allude alle scopate, quindi è meglio che sia ricca, variegata ed allegra, fa bene alla salute, fisica e mentale.
Ci sono luoghi e situazioni in cui devo esser serio, il blog non è uno di quelli. Come un bambino considero il gioco una cosa seria, mentre la serietà di alcuni mi appare una cosa ridicola.