lunedì 2 gennaio 2012

Accidia



Una volta composi un pezzo che intitolai Accidia. Iniziava con una sorta di ostinato in tre quarti, nè lento nè allegro, andante. Le note sinuose e vellutate di un clarinetto contrabbasso lo scandivano aiutate da un leggero riverbero che lasciava stendere l'ombra dell'ultimo suono sul successivo. Prima due morbide note di un ottavo, poi un sedicesimo con acciaccatura e di nuovo un ottavo, quest'ultime ripetute a completare il terzo quarto della battuta. Facile no da capire?
Imbecille, fai poco lo spiritoso e vai avanti!
Quattro misure di quest'andazzo ed entra un violino mesto e svogliato ad intonare una melodia che si dipana per tre battute, alla quarta lascia il clarinetto da solo col suo ostinato che pare una sega malinconica.
Era una musica per un balletto, la scena era semplicissima, una stanza, un letto, una finestra. Fuori s'immagina una pioggerella grigia e fredda. Una donna sdraiata e nuda dondola una gamba penzoloni dal letto al ritmo del clarinetto (cazzo che rima!) Un uomo con indosso solo i pantaloni è appoggiato alla finestra e guarda fuori.
Poi l'uomo si volta ed osserva stancamente la donna, lei osserva lui e si stiracchia. Pare non abbiano voglia di far niente ma invece quel far niente si trasforma lentamente in piccole curiosità, in piccoli movimenti di danza che sembrano domande.
La musica intanto si arricchisce pian piano di altri elementi, non propriamente melodie ma cigolii, piccoli tonfi, sibili che man mano prendono corpo di suono e approfondiscono il senso della musica, sempre sostenuto da quell'ostinato di clarinetto. Aumenteranno sempre di più e la melodia del violino si farà sempre più lacerante, quasi isterica, forse nevrotica, comunque tesa, alla ricerca di ogni anfratto tonale, sempre legata a quell'ostinato, in un continuo tentativo di liberarsene, per riuscire a volare.
I due intanto scopano come ricci ma, essendo uno spettacolo di danza, sta alla loro bravura e a quella del coreografo di sublimare il tutto in immagini poetiche senza scadere nel documentario nè in una melassa alla Zeffirelli (insomma non uno spot da baci Perugina, ci siamo?)
Il tutto poi, ovviamente, ad un certo punto finisce. Già. Ed è proprio lì che nacque l'atroce dilemma del (si fa per dire) compositore:
Come cazzo lo finisco un pezzo così? Come è andata la scopata? Da quale punto di vista la chiudo, da quello di lei o di lui? E dell'ostinato che cazzo me ne faccio adesso? Lo faccio rallentare? No, mai, sarebbe pornografia. Metto uno sfumato ad libitum? Sarebbe più attinente ad libidum!
Cretino, non insistere a fare il simpatico e di' come cazzo ne sei uscito fuori!
Non ne sono uscito, lo ammetto, sono rimasto lì perchè a me la scopata era piaciuta parecchio e lasciavo che i due corpi si separassero molto, molto lentamente. Ma con la musica non ero capace di rappresentarlo senza avvilirmi per la mancanza di idee, per l'incapacità di trasformare l'ostinato in una politonalità evanescente, in una poliritmia che non fosse "gratuitamente" strana, stile e onestà innanzitutto!
Avevo in mente delle parole che lessi tanti anni fa: quel nulla che si ritrova dopo aver scopato con la ragazza. Un nulla che non è un vuoto, non è un'assenza, è un qualcosa che ti arriva piano piano con il ritorno della coscienza, che avevi perduto scopando. Che so, il ricordo delle bollette da pagare, dell'auto in divieto di sosta, banalità di questo genere, che ti fanno capire che la scopata non è il fine del rapporto ma solo un modo per stare insieme. Ecco, potevo metterci il fischio di un viglie urbano col blocchetto già sotto la penna, o più banalmente già con la penna sopra il blocchetto? E come distinguere quel fischio da quello di un arbitro? Due colpetti secchi? E quanto riverbero per definirne la distanza?
Deficiente, piantala!
E vabbè, la pianto.

4 commenti:

Grazia ha detto...

Beh, Ruhevoll, mi sono perfino emozionata. E' la prima volta che leggo cosa ci sia nei pensieri di un musicista quando compone. Grazie per avermi aperto la porta. è divertente, interessante ...
- Piantala
E vabbè, la pianto.

Un abbraccio

giacy.nta ha detto...

Altro che piantarla. E' uno dei tuoi post più belli. Vado a nanna pensandoci su anch'io. Come finisce qualcosa che sa di essere senza fine?

ruhevoll ha detto...

Grazia e Giacynta, resto senza parole.
:-)

Zio Scriba ha detto...

No, no, te lo dico pure io: non piantarla mai, che è troppo bello leggerti... :)