giovedì 16 agosto 2012

riflessioni accanto al solito gatto diffidente



Se le persone sapessero veramente cos'è il denaro e come si genera, forse cercherebbero pian piano un modo per svincolarsene. Invece ne restano sempre più attratte con l'inganno di potersi godere la vita.
Un'amica intelligente e dolcissima sta tentando, nel suo piccolo, di ripristinare e incoraggiare lo scambio e il baratto. Lei propone quello che ha da offrire in cambio di quello che uno ha o sa fare, senza passaggio di denaro.
Io l'ammiro!
Purtroppo il sistema mondiale si basa sul denaro e per tasse e bollette lo stato e le aziende non prevedono scambi di sorta, ci impongono l'uso del denaro imprigionandoci in un giochetto che non lascia molto scampo. Alla fine tutti diranno che del denaro non se ne può fare a meno. Ma il denaro non è nè acqua nè cibo nè casa nè abiti caldi. E' un inganno. Infatti molti spendono la loro vita per procurarsi quei soldi che gli serviranno per procurarsi acqua, cibo, casa e abiti, distogliendoli dall'imparare un lavoro concretamente produttivo dal punto di vista della sopravvivenza, fosse anche per uno solo dei quattro punti che ho elencato. Se ne potrebbe aggiungere un quinto, ossia l'interesse verso la cura delle malattie, stando attenti a separare il medico dalle case farmaceutiche che inventano spesso dei farmaci farlocchi o dei farmaci che fanno più danni della patologia che promettono di curare. Ma io ho grande rispetto dei medici, quelli veri, e quindi sono propenso ad accoglliere come quinto punto la medicina.
Sarebbe bello sfottere i banchieri e i cultori del debito pubblico, mandandoli a piantar patate per sfamarsi.
Leggendo un libro sulla vita di Eleonora D'Arborea ho visto (ma non avevo certo bisogno di leggere quel libro per saperlo), che nel medioevo i nobili si scannavano anche fra fratelli per questo o quel dominio. Il Papa poi dava il suo appoggio ad un regnante o all'altro, ossia benediceva un'azione di guerra saccheggiatrice, se in cambio gli si dava una percentuale. C'aveva l'investitura divina, mica scherzi, era Dio che ordinava al Papa chi sterminare e chi no. Dio non si discuteva, il suo potere era assodato (come il denaro).
Poi c'erano quelli meno remissivi, quelli che non erano intontiti dalle cazzate o che non erano disposti a mettersi a quattro zampe di fronte al Papa in vista di divine protezioni e si mettevano anche contro il Papa stesso. Ma era sempre una storia di interessi economici, salvo rari casi come quello di Mariano D'Arborea, padre di Eleonora, che disse chiaro e tondo a Bonifacio VIII di andare affanculo [1] quando questi dette il possesso della Sardegna al re d'Aragona (purchè se la fosse andata a conquistare).
Ma scusa Bonifa' che è tua la Sardegna? Che cazzo stai a di'?
Mariano si preoccupò dell'agricoltura sarda, agevolò e raccomandò la coltivazione della vite, mise dei limiti al pascolo delle pecore, che altrimenti avrebbero distrutto i campi coltivati, lasciò liberi i contadini di fare quel che cazzo gli pareva  e di spostarsi come volevano, ma si mise anche a redigere un codice di leggi che mettesse tutti d'accordo e questo codice fu ultimato dalla figlia Eleonora, che passò alla storia perchè nessuna donna aveva mai redatto un simile documento, nel quale, questo va detto, trovò posto anche una prima idea di difesa dei diritti della donna!
Bene, ricapitolando, io so fare (poco) lavori di falegnameria, idraulica, muratura, elettricità, orticoltura, cucina e, alla fine, strimpello pure la chitarra. Cazzo, dico, potrei sì o no fare a meno del denaro?

[1]in realtà i Papi ai quali si oppose Mariano IV furono UrbanoV e Gregorio XI, ma in sostanza essi continuavano nell'assurda pretesa di considerare la Sardegna come una terra infeudata (consegnata) da Bonifacio VIII agli Aragona subito dopo la morte di Mariano II

15 commenti:

Alea ha detto...

Purtroppo, non credo.
(a meno che le persone come la tua amica si moltiplichino in modo esponenziale, cosicchè in cambio della riparazione di un rubinetto, che so, possano darti in cambio una serie di mutande filate e cucite a mano, ad esempio)
ma non si può mai dire finchè non fai la prova :)

ruhevoll ha detto...

Alea, non lo credo nemmeno io, ma di sicuro, se iniziassimo con un po' di buona volontà ad usare scambi e baratti, toglieremmo linfa ai banchieri e a tutti quelli che vivono speculando sul denaro. Basta ricordare l'esperimento che fece Giacinto Auriti in un paese dell'Emilia.
:)

amanda ha detto...

bene ad un musicista non auguro problemi di orecchie di sicuro, ma semmai posso offrire consulenze in cambio di piccoli lavori di manutenzione :)

Grazia ha detto...

Credo che il baratto vada benissimo in piccole comunità e io cerco di sperimentarlo tra amici... ma del denaro, no, non se ne può fare a meno. Purtroppo.
A proposito per la riparazione del rubinetto se non ti va bene la serie di mutande filate e cucite da Alea, posso sempre proporti due casse di insalata belga....da consumare a Bruxelles, ovviamente!

Unknown ha detto...

Nella Sardegna di Eleonora, la cronica assenza di denaro fa sì che anche oggi il baratto sia una regola seguita senza bisogno di proclami. Mettiamo da parte la vergogna, la paura della povertà. Lo scambio e il baratto sono atti di difesa e di attacco contemporaneamente. Una necessità e un atto sovversivo. Bando alle ciance: cominciamo.

giacy.nta ha detto...

Le cose migliori sono quelle semplici. Cosa c'è di più concreto e meno aleatorio del baratto? Tra l'altro stimolerebbe ognuno a darsi da fare per trovare la propria vocazione. Ci sarebbe però a questo punto il problema di come intervenire su chi dovesse offrire sogni e fumo. Bisognerebbe pensare anche a questo perchè tutto non ricominci...

ruhevoll ha detto...

@Amanda, che fai gufi? No dico, a proposito delle orecchie!!!
:)

@Grazia, a me le mutande filate e cucite da Alea vanno benissimo, mai avute delle mutande cucite su misura!!! Comunque va benissimo anche l'insalata belga, ma il rubinetto fallo riparare da qualcuno un po' più vicino, mi sembra più conveniente.
:)

@Cristina, te sì che sei informata e battagliera!!! Propongo di costruirti quei comodini che ti servono in cambio dei tuoi eccellenti pomodori e di una mano per lo sgombero della vecchia casa!

@giacynta, le tue sono parole da incorniciare!!!

amanda ha detto...

allora posso scambiare cene, ricami, borse fatte all'uncinetto, coperte patchwork e.... tempo, non hai che l'imbarazzo della scelta :D

Zio Scriba ha detto...

Io che so solo scrivere, dovrei sperare in un mondo di persone sensibili e intelligenti, disposte a barattare cibo, vestiti ecc. anche in cambio di racconti o poesie... :)

Però che modo piacevole di raccontare la storia... come mi piace questo tipo che mandò affanculo Stronzifacio ottavo... dovrebbero scriverlo così anche nei manuali scolastici... :-))))

Un abbraccio, mon ami!

ruhevoll ha detto...

@Amanda, per le coperte possiamo metterci d'accordo...
:)

@Zio, Beethoven sosteneva che gli artisti dovrebbero essere mantenuti dallo stato, liberi di comporre le loro opere al riparo dalle necessità. Sono d'accordo e per ogni tuo racconto ti procurerò quel che posso, per le mutande c'è Alea, Amanda penserà alle cene, l'ospitalità non te la negherà mai nessuno, per il resto ci organizzeremo!!!
:)

Zio Scriba ha detto...

L'artista non può che sottoscrivere, felice e un po' commosso...

silvia ha detto...

da un sacco di tempo mi riprometto di scrivere un post sul baratto, strumento fantastico e improbabile, del quale, nel mio piccolo mondo, faccio largamente uso :)

ruhevoll ha detto...

@Silvia, fantastico di sicuro e non nel senso di fantasticheria, tant'è che in Sardegna, come ha detto sopra Cristina, è molto praticato. Quindi nemmeno improbabile. Sono felice che tu ne faccia largamente uso!!!
;)

Rita Sozzi ha detto...

credo che Zio abbia colto uno dei grossi problemi della questione: il baratto può funzionare fin quando si parla di COSE, beni materiali o attività relative (costruire/riparare/cucire/coltivare ecc). Ma quando ci si solleva minimamente dal piano del tangibile, del materiale, cosa succede? Davvero qualcuno sarebbe disposto a fornire il necessario (e non solo, voglio dire, di vita se ne ha una e non voglio viverla da stilita)ad una come me che da offrire ha solo una manciata di grammatica greca e latina? Quanti sarebbero interessati? E, se pure qualcuno ci fosse, sarebbe disposto a barattare il poco che da solo riesce a produrre (quanta insalata si raccoglie in un mese? Quante mutande si cuciono in un giorno? Quanta musica si compone in un anno?) con me, che non offro nulla di necessario, piuttosto che con qualcuno che in cambio presta servizi o beni più utili? Oppure dovrei sperare in qualcosa di simile ai pasti comuni offerti da Atene ai cittadini eccellenti, giusto venticinque secoli fa? Il problema, oltretutto, diventa davvero complesso se si considera che i grecisti e i latinisti sono migliaia e migliaia (cose come i sanscritisti, gli egittologi, gli etruscologi, i miceneisti, i sumerologi...e tutti gli altri "inutili" del pianeta). Troppi? O troppo pochi quelli interessati a studiare? Per concludere in ringkomposition, ho l'impressione che il baratto, se applicato in modo assoluto e totalizzante, funzioni solo in una società dalle esigenze culturali molto molto limitate. Come uscire allora dal sistema dello (s)porco dio denaro? Sinceramente non saprei dare una risposta che non sia utopica. Ma credo che la soluzione stia, alla larga, nel riportare l'attenzione sull'humanitas terenziana, nell'homo sum humani nihil a me alienum puto; dove più che il baratto possono esserci legami di amicizia, di affetto, di aiuto reciproco dettato proprio dall'essere esseri umani. Che, volendo, è qualcosa di ancor più elementare del baratto, eppure, mi pare, decisamente più sano. E quindi ancor meno attuabile ;) (anche perchè il baratto comunque prevede di "quantificare" il valore di ciò che viene barattato, e ciò è, per lo più, ripugnante e disgustoso)

ruhevoll ha detto...

@Volpe, anche tu cogli una cosa essenziale proponendo l'humanitas terenziana e sono ancora più d'accordo se cominciamo a parlare, prima di tutto, di essere esseri umani e di cosa significhi esserlo. Ci capiremo quindi, fatte queste premesse, nell'intendere il baratto o lo scambio non come una mera quantificazione, che si aggancerebbe irrimediabilmente e immancabilmente al principio che genera il denaro, ma come uno scambio di possibilità non finalizzate alla ricchezza ed al possesso di quantità eccedenti le proprie reali necessità di consumo, quanto invece alla vita ed alla qualità della vita.
Per tutto quanto non appaia immediatamente e grettamente necessario alla sopravvivenza del corpo, possiamo dire che si sopravvive anche senza Beethoven o Shakespeare, ma non saremmo più esseri umani o, quantomeno, il coefficiente della nostra umanità sarebbe ben misero.
Forse, in effetti, bisogna raggiungere il livello di un nuovo umanesimo e per farlo occorre un ripensamento dei fondamenti dell'identità umana, che fino ad ora più che sull'humanitas terenziana si sono basati sul peccato originale, sull'homo homini lupus e sul vita mea mors tua.