lunedì 31 dicembre 2012

tanto per



La divisione convenzionale del tempo ci porta a celebrare avvenimenti che non trovano riscontro nella realtà naturale ma solo nella realtà sociale. Se è condivisibile festeggiare il 21 Dicembre come rinascita del Sole, con il 31 Dicembre festeggiamo solo un calendario che ci siamo inventati.
Però è innegabile constatare che stiamo festeggiando una separazione e al tempo stesso un compleanno, segno evidente che nel nostro immaginario queste due cose, separazione e nascita, hanno un enorme valore.
Ieri sera ho avuto uno scontro notevole con tre amiche sul tema della nascita, una di loro si è particolarmente risentita quando ho sostenuto che il feto non è un bambino e che non ha sentimenti, immagini o affetti ma solo funzioni fisiologiche. Ho tentato di spiegarle che un conto sono le implicazioni psicologiche per la donna e altro è la realtà oggettiva del feto. Le donne tendono ad immaginarsi il bambino prima che nasca (cosa comprensibile) ma talvolta non sanno distinguere fra rappresentazione e realtà, fra io interno (il loro) e realtà esterna (il nascituro) anche se si trova nella loro pancia. In altri termini proiettano sul feto una loro realtà perché sentono il feto con il proprio corpo e pensano che "sia" il proprio corpo. Si sentono creative per questo e mi guardo bene dal contestare questa convinzione.
Non ho avuto il coraggio di raccontare che l'organismo della donna in gravidanza produce una sorta di gene inibitore che le impedisce di espellere il feto come se fosse un corpo estraneo. Troppo difficile da accettare.
Accontentiamoci quindi di festeggiare la separazione dal vecchio anno e auguriamo ad ogni nuovo nato di riuscire a separarsi in pace nonostante tutto.
Nella foto ho messo la porta di casa mia, che lascio aperta agli amici. Sullo sfondo le finestre non si affacciano sul giardino ma sul paesaggio della casa in campagna. E' un fotomontaggio che mi serve per fare una rappresentazione, come quando sogno di stare dormendo in una casa ed invece mi sveglio nell'altra.
A me talvolta capita, ma è affar mio, non della casa. 

venerdì 28 dicembre 2012

Nebbiolina mattutina



Stamani, uscendo da casa, mi sembrava di essere in uno di quei film fantapolpettosy dove, fra le nebbioline che fanno tanto mistero, pare non vi sia alternativa alla solita solfa della lotta "del Bene contro il Male".
A dire il vero, di questi tempi e con questa crisi economica provocata ad arte, oltre che con sommo disprezzo di noi sudditi, bisogna essere davvero dei cavalieri senza macchia e senza paura per andare a lavorare o a cercare lavoro, poiché il lavoro è ormai generalmente precario, proprio come un ponte fatiscente sull'abisso della miseria.
La depressione mentale che questa situazione nutre e induce è rinforzata e sostenuta da un panorama politico a dir poco avvilente.
Ma i migliori non perdono mai la speranza e, soprattutto, non smettono mai di lottare.
Il nemico, ossia polpettonianamente il Male, sono le multinazionali e le banche, che hanno al loro seguito (e come prestanomi) governi nazionali, nonchè uno stuolo di fiancheggiatori disseminati ovunque nell'informazione pubblica.
Trovare la strada per una sana e doverosa ribellione è divenuto oltremodo arduo, ma improrogabile.
Stamani ero incerto se ridere o piangere quando ho letto, sulla maggior parte dei quotidiani, la medievalissima notizia che il Vaticano appoggerà Monti.
Una valanga di pensieri si è staccata dalla mente e, franando, ha composto questo mio piccolo post.
Adesso vago tra le nebbie, ma spero di trovar riparo in una qualche foresta di Sherwood, magari insieme a qualche bandito, di certo non insieme a un Robin Hood, ché ce ne sono già troppi che si spacciano con quel nome.

mercoledì 19 dicembre 2012

blu genovese



Fra l'inarrestabile invecchiamento delle mie cellule si affacciano considerazioni scolorite.
Invecchiamento!
Cazzo!
Camminavo sul lungarno quando lo sguardo m'è caduto su un bel paio di gambe. Più che la bellezza, solo intuibile perchè nascosta da un paio di jeans, ho capito che era l'andatura a essere attraente. Ma questo mi porterebbe fuori argomento...
Quando le gambe si sono avvicinate ho visto meglio i jeans. Erano sapientemente stracciati, scoloriti e sfilacciati, due bei tagli sopra le ginocchia a mostrare una pelle dorata, e uno strappo verticale giù vicino all'orlo che permetteva un'occhiata alla caviglia.
La memoria è andata come una saetta ai miei diciott'anni, tempi in cui, quando acquistavi dei jeans, ti ritrovavi con un paio di cartoni che ti immobilizzavano le gambe.
Ma subito iniziava la lunga storia del loro invecchiamento: un lavoro che li forgiava a tua immagine e somiglianza!
Ci volevano mesi e mesi per renderli belli, morbidi, scoloriti nei punti giusti, ad esempio sopra le cosce, sul culo, sulle tasche, sulle cuciture. A qualche maiale si notava un'accentuata decolorazione in prossimità dell'uccello, segno manifesto che non faceva altro che strofinarselo. Ma esistevano anche scoloriture più professionali. Ricordo che quando ero apprendista fotografo asciugavo le dita (bagnate di acidi perchè a quei tempi si sviluppavano i rullini e si stampava in camera oscura) sui fianchi, per cui i miei jeans in quel punto erano letteralmente sbiancati a "ditate".
Guardando i pantaloni di quella bella ragazza ho pensato alla falsità che ti vendono quando te li danno già strappati e stinti (e te li fanno pagare anche di più!!!), senza che abbiano una storia vera. Come se la gente si comprasse una fiction precotta, o vivesse una storia inventata da qualcun'altro, insomma un'identità farlocca.
E mentre disapprovavo quest'usanza ipocrita che annulla la storia e il lavoro, ho pensato ad Anna Magnani e alla famosa risposta che dette al truccatore che voleva diminuirle le rughe:
C'ho messo una vita per farmele venire e tu me le vorresti togliere???
Dio bono, l'invecchiamento è un lusso da indossare con classe!

giovedì 13 dicembre 2012

pensierini al freddo



Se poggio le dita sulla tastiera, per scrivere a cazzo di cane come mio solito, non succede niente. Escono fuori giusto poche e inutili parole (oddio, non che ne abbia mai scritte di utili...).
Che io stia diventando un po' più intelligente?
No, non c'è pericolo.
Non so perché ma mi torna spesso alla mente un passo de L'idiota (o era ne I Demoni? Vabbè, comunque era di Dostoevskij) in cui il grande scrittore descriveva una condizione umana comune a tutte le persone dotate di un'intelligenza medio-alta, ossia che non sono abbastanza stupide da poter vivere beate ma nemmeno abbastanza geniali da saper risolvere i problemi.
E quindi patiscono la prigione della loro mediocrità, alta o bassa che sia.
Dostoevskij era davvero un gigante!