martedì 4 ottobre 2011

Clop, clot, clap, tac



Introduzione al riciclaggio

Una volta scrivevo piccoli raccontini, fu solo un breve e particolare periodo. Non avevo pretese di originalità nè di maestria nello scrivere, scrivevo solo perchè mi piaceva inventarmi storielle, bislacche o legate ad una cronaca invisibile. Le ho rilette di recente e qualcuna vorrei "salvarla" mettendola in questo blog, perchè quello in cui erano pubblicate è chiuso. Forse è un po' come portarmi dietro alcuni mobili per un trasloco, quelli a cui tengo di più. Forse a qualcuno piaceranno forse a qualcuno no. Chissà se ciò che scriviamo somiglia al nostro volto, per cui ci sono volti che ci piacciono ed altri no.
Ma non è il principio del piacere che mi interessa, altrimenti sarei grasso e gravido di colesterolo.


Clop, clot, clap, tac

La luce grigia di gennaio si era messa d'accordo col freddo umido ed insieme al suono di un'antifurto in lontananza addobbavano la rotonda spartitraffico. Le auto frusciavano sotto la pioggerellina, polverizzandola in scie d'argento e piombo. Il traffico intorno alla rotonda sembrava una giostra metallica dal suono nauseante. Ma io feci sparire tutto in un sol colpo.
Mi concentrai a tal punto da udire lo scalpiccio degli zoccoli di un cavallino che tirava un calesse lungo la strada fangosa. Clop clop, clop clop. Una figura gentile teneva le redini con lo sguardo perso sulla strada, occhi di un giallo verde illuminavano coi propri pensieri il crepuscolo piovigginoso. Da una mantella viola con cappuccio bordato di oro rosso comparve una mano affusolata che lanciò una moneta quando mi passò davanti. Io la presi al volo, seguendo l'arco delle sue giravolte che venivano a chiudersi fra le mie dita, come un arcobaleno. L'ho presa, dissi a me soddisfatto, è d'oro. Poi rimisi il ferro perduto dal cavallino. La donna sorrise grata sotto al cappuccio e svanì oltre, nel ritmo degli zoccoli, clop clop, clop clop. Clop clop, clop clop, lentamente il suono sordo di uno pneumatico afflosciato si affiancò al marciapiede. Un'auto rimase immobile mentre le altre infastidite la scansavano maledicendola. Che classe, che stile in quella giostra che ora aveva un cavallino sganciato. Ne scese una donna dal volto affranto e stanco, aprì un ombrellino viola bordato d'oro rosso e mi guardò silenziosa, poi guardò la ruota afflosciata, poi il cielo ormai scuro, poi di nuovo me e di nuovo la ruota. Alla fine guardò solo me. Non avevo ombrello ed ero completamente bagnato, lei mi offrì riparo sotto quella cupola in miniatura, giusto lo spazio per due teste molto vicine. Mi decisi a cambiarle la ruota e alla fine ero ancora più bagnato e pure sporco. Tornai sotto la piccola cupola che non aveva smesso di tentare inutilmente di proteggermi ed incontrai due occhi giallo verde, dolci e amorosamente stanchi. La donna mise fra le mie dita una banconota da cinquanta euro e mi ringraziò. Io la guardai rientrare dentro la giostra e scomparire col fruscio delle ruote bagnate. L'ho presa, dissi a me soddisfatto, e seguii la banconota che volò verso il bar più vicino. Entrò svolazzando a mo' di farfalla, ma la pioggia aveva appesantito le sue ali e si posò sul bancone guardando il barista, che svogliato versò un bicchiere di vino. Poi lui la rigirò tra le dita osservandola in controluce e disse: è falsa. Mi tolse il bicchiere dalla mano e mi cacciò dal locale.
Chissà se era falsa per davvero.
Clot clot, clot clot, il suono buffo degli zoccoli calzati da una ragazzina mi rimise il buon umore. Zoccoli d'inverno! Era evidente la felicità nella sua andatura inconsapevole, nei suoi occhietti sorridenti, nei piccoli passi dalla cadenza ritmica. Quel suono fece tacere tutto il resto: attenti signore e signori, passa la gioia di vivere. La giostra metallica perse la sua anaffettiva ripetitività, frantumandosi in uno sfondo grigio su cui si stagliavano i colori della ragazza. Il cielo si aprì donando le sue prime stelle, insieme ad una luna sorridente. Non potei resistere dal battere le mani per la felicità che quella ragazza mi regalava, col suo semplice gioco di passaggio, clap clap, clap clap....e lei clot clot, clot clot, ed io clap clap, e lei clot clot. Ci divertimmo un sacco in quel concertino improvvisato, poi lei sparì dietro la curva ed io continuai a battere le mani seguendola nella mia immaginazione, clap clap, clap clap e la notte si fece brillante di fari nella giostra metallica. Tac tac, tac tac ed una donna molto truccata, scesa da un macchinone nero, si avvicinò ai margini della giostra. Alcuni cavallini impazzirono nel vederla e le andarono incontro, finchè uno non la fece montare su, e via nella giostra luminosa. Dopo un po' rieccola, tac tac, tac tac, la vedo che si dà un po' di rossetto e si aggiusta i capelli guardandosi nel piccolo specchio rotondo. Mi viene incontro, mi guarda, sorride e mi regala cinquanta euro. Allargo le braccia come a dirle che non so cosa fare per meritarli, lei mi carezza la testa e dice: oggi sono fortunata, perchè almeno troverò te ad aspettarmi. E montò su un altro cavallino, e via un altro giro di giostra, molte volte. Io attendevo il suo ritorno, ligio al mio impegno di farmi ritrovare lì. Poi anche lei se ne andò, era quasi l'alba, e la giostra non aveva più cavallini. Mi addormentai in mezzo alla rotonda, in attesa del nuovo giorno, chè i primi cavallini arrivano presto, alla spicciolata e sono assonnati, sbuffano. Ma non mi svegliai in tempo per vedere un grosso cavallone che montava sulla rotonda, il cavaliere era un po' ubriaco e mi schiacciò, poraccio, mica poteva vedere che dormivo nell'erba. Otto coppie di ruote, che peccato, non posso più scrivere che suono avevano, doveva essere interessante.

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