giovedì 1 dicembre 2011
Eutanasia???
Forse è un po' la noia, forse è l'età, forse è la stanchezza di leggere sempre la confusione nel pensiero di certi giornalisti.
Il fondatore del Manifesto ha deciso di smettere di vivere, lo ha fatto per depressione.
Subito, accanto al sincero dispiacere di alcuni, si accalcano e si sprecano le interpretazioni sballate. E qualche sostenitore dell'eutanasia (eutanasia che io stesso sostengo) si lascia trasportare in un pasticcio mentale che non distingue una malattia incurabile come quella di un famoso regista che decise di morire non molto tempo fa, da una depressione come quella del fondatore del Manifesto.
Come se essere depressi fosse uguale ad avere un tumore allo stadio terminale.
No, mi dispiace ma non è così.
La depressione è curabile ed accettare che un depresso si uccida è indifferenza.
Non deve confonderci il fatto che la persona in questione avesse 79 anni.
Se a chiedere la morte fosse un ragazzo di vent'anni, sano e integro nel corpo, saremmo tutti d'accordo a chiederne la cura psichiatrica. Se a chiederlo è un uomo anziano dovremmo comportarci diversamente?
Non solo, ma osservo che, latentemente, viene fatto passare un messaggio di rassegnazione e di alleanza col pensiero del suicida che nega la voglia e la gioia di vivere.
Per me non esiste nemmeno il suicidio etico, poichè ad ogni livello ed in ogni modo il suicida lancia un messaggio di assoluta negazione. Il suicida "non vuole" che si lotti affinchè le cose si trasformino perchè dice e pensa che le cose non cambieranno mai, condannando il mondo alla morte ed all'immobilismo invece di lottare affinchè la vita di tutti diventi migliore. Questo è il messaggio del depresso autentico e va rifiutato decisamente, senza cadere in sofismi esistenzialistici che avvelenerebbero il pensiero con falsi concetti di libertà.
Il rifiuto però non ci toglie il dolore per la perdita, rifiutare non significa essere anaffettivi.
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11 commenti:
Il grande, meraviglioso Jack Kevorkian (da noi stupidamente etichettato col lugubre nome di Dottor Morte), rifiutava i nove decimi dei candidati al suicidio assistito (per il quale non si faceva pagare) se vedeva che non erano malati terminali devastati dal dolore, ma soltanto depressi che volevano farla finita.
La penso come te, quindi, anche se comunque la scelta del fondatore del Manifesto, e l'amico medico che lo ha aiutato, sono più degni di rispetto delle strumentalizzazioni antieutanasia di tante canaglie bigotte che non aspettavano altro per mettersi a ululare le loro cagate sul fatto che la Nostra Vita apparterrebbe a un essere immaginario (deciso da loro).
Zio, anche per me la nostra vita appartiene a noi e non ad un'inesistente invenzione (Dio) di mentecatti bigotti, che come sciacalli, intellettualmente disonesti, insinuano le loro scemenze quando trovano un varco.
Quando hai parlato di Kevorkian il mio pensiero è andato subito all'Accabadora di Michela Murgia.
Quello che cercavo di sottolineare era il mio rifiuto di far passare per sano e giusto il pensiero di un depresso, per quanto stimassi la persona quando non aveva il pensiero obnubilato dalla depressione.
Purtroppo (ma il discorso si fa lungo) esiste una corrente di pensiero che annulla la malattia mentale chiamandola disagio esistenziale, per cui ne consegue che anche il suicidio è un "modo" di essere (vedi il caso, che io cito fino alla noia, di Ellen West).
E' un atto che merita quantomeno una riflessione, hai ragione. "... accettare che un depresso si uccida è indifferenza."
Qualcuno sbaglia il rifiuto con una specie di cancellazione, di "rimozione" della questione, quando invece è un'opposizione attiva,una reazione vitale... leggendo in giro vari titoli mi son detta: che casino, quante chiacchiere... e tutti a dire Ah, finalmente, la sua libertà è fatta...
La nebbia di questa stagione è dappertutto, a qualcuno gli deve essere anche entrata nel cervello. Menomale qui dentro il cielo è sempre terso.
Appunto, Giacy.nta, bisogna riflettere per scoprire quegli invisibili cortocircuiti del pensiero che portano ad equiparare un tumore ad una depressione, con l'implicita conseguenza che la depressione sarebbe una malattia organica.
Curare un depresso non è certo facile, ma lavarsene le mani sostenendo che è malattia organica significa non solo dire una bugia ma anche fare il gioco delle case farmaceutiche.
Se poi penso che ci sono correnti di pensiero che considerano la depressione e la malattia mentale un "modo" di essere nel mondo allora buonanotte ad ogni tentativo di ricerca per la cura, avremo soltanto una cattolica assistenza, un prendersi cura che con la cura non ha niente a che fare.
Ladoratrice, mi vuoi sposare?
:-))))))
Pieno di spunti il tuo post.Difficile ma degno di riflessione l'argomento.Vivo in un paese ( il Belgio) in cui l'eutanasia (ma solo per i malati terminali) è legale.La depressione - hai ragione- è un altra cosa e accettare una scelta come quella del suicidio significa di fatto rinunciare e scegliere la strada più comoda,che non è sempre la migliore.
Addio merdaiolo!! (cit)
:))))))
Ladoratrice, un tu ti trattieni mai eh? Ma mica tutti se lo ricordano i' Mascetti!
:-))))
E' un caso veramente difficile perchè non è un'eutanasia che finora avevo visto (cioè quella di malati terminali che si battevano contro l'accanimento terapeutico e le scemenze cattoliche).
Qui, se ho ben capito, si tratta di depressione e per di più riguarda un uomo di 79 anni.
Secondo me scegliere di morire è la cosa più difficile al mondo, anche se sei un malato terminale.
Ci sono tante questioni, problemi, interrogativi...per ora propendo per la libertà dell'individuo.
La vita è la mia e decido io perchè, nel caso sia un errore, preferisco sbagliare da me che sbagliare per colpa di altri e cmq non reco danno a nessuno.
Sono pur sempre fatti miei e non vedo perchè un prete, un intellettuale, un politico o un dottore debbano interferire.
Almeno questo è quello che mi ha ispirato il caso Magri.
Andreij, anche io propendo per la libertà dell'individuo, ma devo fare una precisazione: secondo me per essere liberi bisogna essere sani di mente, la malattia mentale non permette mai libertà, anzi, la deforma. Per questo insisto sempre tanto sulla ricerca psichiatrica e psicoterapeutica e mi oppongo all'esistenzialismo di stampo biswangeriano. Da sempre, quando si parla di realtà mentale, sembra di entrare nel porto delle nebbie, dove si può dire di tutto purchè non si scopra nulla. E nella nebbia tutte le opinioni diventano lecite, ma restano appunto opinioni, per cui nessuna conoscenza certa è mai data per possibile. Occorre quindi una metodologia di pensiero che si affranchi dal positivismo senza cadere nel misticismo, in altri termini un salto di qualità nel pensiero scientifico.
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