sabato 21 gennaio 2012
Il mondo è piccino
Mi posso anche concedere un post atipico, che cavolo, tanto i miei post sono tutti scritti a cazzo di cane.
Dunque, sto leggendo appassionatamente il libro di un amico di blog. Non ci penso nemmeno a recensirlo, perchè non ne sono capace ed inoltre ho rispetto del lavoro altrui, e poi i libri vanno letti direttamente, non con gli occhi di un altro. Posso dire che, pur essendo un genere letterario da me poco frequentato, il racconto ha per me un fascino molto particolare, perchè è intriso di un'ironia spietata e divertente, ma pagina dopo pagina ti fa montare addosso una certa angoscia da tunnel infinito. Trattasi infatti di una sorta di Calvario editoriale perfettamente compiuto anche nelle sue "stazioni" (già...e mai l'editore andava ad attenderlo alla stazione di Ancona!).
La cosa sorprendente, che sicuramente ha il suo peso nel mio modo di leggere il racconto, è che penso di avere personalmente conosciuto uno dei personaggi: L'Ayatollah. Io sulle prime pensavo che fossero nomi di fantasia, ma poi ho googlato ed eccoli là, sono di carne ed ossa.
Era il lontano 1981, o forse '82, ed io avevo una fidanzata ad Ancona (bona come il Sole). Lei studiava a Firenze ma ogni tanto, d'estate soprattutto, se ne tornava al suo paesello (che non s'incazzino gli anconetani) ed io andavo in moto a trovarla. Uno dei suoi amici più stretti era un neo editore, non ne farò qui il nome ma chi conosce la situazione editoriale anconetana di quei tempi non faticherà molto a capire chi era. Un ragazzotto buffo, piccolino e tondino, che mascherava la sua timidezza dietro ad una saccente competenza letteraria (il difetto di ogni insicuro). Lo frequentai un po' e fu anche mio ospite quando veniva a Firenze. Nel giro di questi amici c'era anche (se non mi sbaglio) il suddetto Ayatollah, un tipo allucinante. Ricordo solo un aneddoto: eravamo in un localaccio del cazzo ad Ancona, gremito di sedicenti intellettuali e scalmanati di vario genere, quando una piccola e timidissima cameriera urtò inavvertitamente il gomito dell'Ayatollah facendogli versare alcune gocce di nonsoquale liquore su un cappotto lurido e sdrucito. L'Ayatollah s'incazzò come una biscia e, strillando come un ossesso, intimò alla poraccia di risarcirgli i danni, anzi, chiese addirittura se avevano una buona assicurazione. Nemmeno gli avessero imbrattato di pece un cappotto di Alpaca foderato col pelo di Uma Thurman! Io arrossii e dissi alla mia compagna che con quei nevrotici violenti, frustrati e segaioli non mi ci trovavo granchè bene. Oltretutto erano sottomessi culturalmente a delle icone stantie e naziste (tipo Heidegger per intendersi), le dissi anche che se quello era il livello degli intellettuali locali avrei preferito bazzicare il porto, anche se il porto di Ancona non esisteva socialmente parlando (forse lo dissi proprio per quello...). Lei mi rassicurò dicendo che quello era solo un cretino, ma come ogni cretino aveva il suo codazzo di imbecilli. Ad ogni modo, visto che mi voleva molto bene, fece in modo che non me lo ritrovassi mai più fra i piedi.
Fine dell'aneddoto.
Il racconto per ora mi è volato sotto gli occhi, raramente mi capita di leggere un centinaio di pagine tutte di fila, sarà per i motivi che ho raccontato. Ancora non l'ho finito ma ci vorrà poco.
Come ringraziamento personale all'autore riporto alcune righe che mi sono piaciute, sono così tonalmente diverse dal tenore generale da apparire ingenue. Mi hanno fatto pensare che il nostro scrittore, in quell'ambiente, doveva sentirsi come un passerotto in un tiro a segno.
"Dal finestrino si vedeva il mare luccicoso, e persone solitarie passeggiare lungo le spiagge dietro i collari di spuma della risacca. Mi lasciai consolare da quella presenza di luce alla fine del tunnel, mi ci abbandonai con tutto il mio essere, consapevole che in realtà si trattava soltanto della fugace interruzione tra due nere gallerie."
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6 commenti:
Lo sguardo dell'autore del libro che anch'io ho letto deve essere luminoso non meno del mare che ha descritto,... nonostante tutto.
Bellissimo il modo in cui hai introdotto una sequenza meravigliosa.:)
Giacynta, quello scrittore mi piace, perchè ha l'eleganza del riccio, l'epilogo me lo ha fatto intendere chiaramente, altro che passerotto...
:-)
Beh, ragazzi,tutti ne parlano bene: a questo punto lo devo leggere anch'io! E comunque, Ruhe, la descrizione dello Ayatollah che hai fatto non è per nulla male.Un abbraccio
Grazia, giuro che non ho inventato niente. Sulle prime ero incerto se fosse lui, sai sono passati tanti anni, ma poi ne ho avuto la certezza perchè la prima casa editrice è quella che fondò insieme al tipo che conoscevo. E comunque la mia non è una descrizione, è solo un ricordo, per descrivere un soggettino simile ci vuole lo Zio, non gli sfugge niente, nemmeno le sfumature più sottili. Come spero di aver spiegato riesce a farti sbellicare facendoti però passare sotto il naso un ventaglio di umanità allucinanti che, almeno a me, mettono angoscia perchè so quanto sono reali. Il merito dello Zio, oltre al ritmo e alla scioltezza della scrittura, è l'onestà di mettere alla berlina anche se stesso, una qualità rara e impagabile (forse è lì un segreto della sua bravura)!
Ricambio l'abbraccio
quelle ultime cinque righe mi pare di averle già lette pure io da qualche parte... :-))
(tra l'altro adesso credo siano state vittime del mio troppo cesellare e sottrarre, perché inizialmente dicevano "persone beate loro solitarie", il che rendeva ancor meglio il mio stato d'animo...)
incredibile quella tua coincidenza, il mondo è davvero piccolo piccolo!
e splendida la tua immagine del passerotto nel tiro a segno.
Grazie: sono orgoglioso di averti fra i miei lettori e i miei amici!
Zio, sono io ad essere orgoglioso di leggerti e di sentirmi tuo amico!
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