venerdì 31 dicembre 2010

Anno più anno meno



"Non succede niente, non succede mai niente."
Solo che è l'ultimo dell'anno.
E quindi un barbone degno di tale nome se ne va in giro senza rancori, sorride a chi gli sorride e brinda a tutti i sogni, perduti e trovati.
Orde di condannati al divertimento hanno pieghe sinistre impresse sui volti ma lui sorride loro ugualmente, ognuno è arbitro del proprio destino, domani si crucceranno per le loro identità sociali.
Scambia lucciole per lanterne, tratta un cartone come fosse un letto a baldacchino e lo tiene pulito sperando di ospitarvi una barbona, a lui sorride il cuore.
Nonostante tutto.

giovedì 30 dicembre 2010

la grotta delle colombe



Una ex colombaia con veduta della città a 360° è un luogo molto bello ed insolito per passare la notte, suscita emozioni particolari. Poi ti accorgi che il vero panorama è al suo interno, è fatto di storie, di vita, di sogni, di domande, di sorrisi e di ombre.
Al mattino te ne voli via come un colombo assonnato e pensi di essere stato in una grotta nascosta nel cuore di una donna invece che in una colombaia. Ma in fondo, quando sei dentro un luogo, non ti importa del suo aspetto esterno, perchè ormai ne hai varcato la soglia e sai che erano le donne a dipingere i graffiti sulle pareti delle caverne e sai anche che riproducevano esattamente solo le figure degli animali, mentre invece stilizzavano quelle degli esseri umani.
Adesso non hai idea se una nuova immagine stilizzata si sia aggiunta alle altre sulle pareti di quella grotta, forse nessuna o forse molte. Dipende dall'artista o dal soggetto che ha scelto?

mercoledì 29 dicembre 2010

Tarantismo

Ormai ci ho preso gusto a cazzeggiare con i video.




Questo lo dedico ad una danzatrice che so io, perché ha negli occhi un fuoco inestinguibile.

martedì 28 dicembre 2010

memorie

Forse dovrei mettere un link ad un blog.

Che linguaggio allucinante Ruhevoll, ma ti rendi conto?

Sì, ma ho sonno ed altro per la testa, quindi sorvolo. Dunque dicevo che dovrei mettere un link perchè mi è successa una cosa molto ma molto simile a quello che c'era scritto in quel blog, ma siccome non voglio che quel blog sia collegato a questo, mi vedo costretto a copincollare tutto e rispiattellarlo qui. Basta sostituire il supermercato con un ristorante o con un locale pieno di ragazzi ed il gioco è fatto, buona lettura.

Si aggirava dubbioso fra i banchi e gli scaffali del supermercato, incerto fra una vaschetta di mousse al prosciutto e un vasetto di alici arrotolate con capperino in mezzo. Una scatoletta di polpa di granchio imperiale occhieggiava suasiva dal terzo ripiano e a lui parve di sentirla dialogare con l'insalatina sullo scaffale di fronte. Si mise lì in ascolto spostando lo sguardo sull'una e sull'altra, notando con piacere quanto sarebbero stati bene insieme, mentre una bella donna lo guardava incuriosita.


Signore, mi scusi, posso chiederle cosa sta osservando così attentamente?


Shhhhh, aspetti un secondo, altrimenti mi perdo i preliminari.


Ahahah, di che si tratta?


Pare che si stiano corteggiando.


Oh, interessante, ma corteggiando in che senso scusi?


In tutti i sensi, il corteggiamento è un universale, tende alla bellezza ed all'armonia, alla realizzazione di immagini profondissime.

Sempre più interessante.....e cosa dicono?


A me lo chiede? Ascolti con le sue orecchie.


Ehm, non so, ma il mio udito non coglie proprio niente.


Venga qui, si avvicini e faccia sparire il supermercato.


Come sarebbe a dire?


Lo faccia sparire, lo annulli, faccia come se non esistesse.


Ma non è pericoloso?


Beh, se non è pratica di queste cose sì.


Io non credo di esserne capace, anche se ammetto di essere molto incuriosita.


Allora si fidi di me, l'avvertirò io quando dovrà far ricomparire tutto.


Proviamo, ma cosa devo fare?


Immaginare e desiderare.


Cosa?


No via, non ci siamo, non può chiederlo a me, si ascolti bene, lasci perdere il rapporto con la realtà, gliel'ho appena detto che deve far sparire il supermercato.


Ma non ci riesco, mi aiuti lei.


Le piace il mio odore? Lei ad esempio ha un buonissimo profumo.


Anche il suo è gradevole.


Solo gradevole? Mi dia un bacio!


Oddio, ma che dice?


Lo vuol far sparire questo supermercato si o no?


Beh si ma... e vabbè, ormai son troppo curiosa.


Il supermercato sparì per qualche secondo. La cosa era abbastanza pericolosa, tant'è che alcuni clienti ne furono profondamente turbati. Non essendo avvezzi a queste magie della fantasia il veder apparire un'immagine inconsueta fece scattare immediatamente in loro una contro sparizione per poter sopportare quella stranezza. Fu una astiosa e frigida signora a creare il panico, correndo al banco delle informazioni per denunciare l'accaduto. Subito un addetto alla sicurezza si precipitò sul luogo dove era avvenuto il fatto insolito, ma vide solamente un uomo che sceglieva dell'insalata e una bella signora che metteva una scatoletta di polpa di granchio imperiale nel suo carrello.L'esperimento era perfettamente riuscito.

domenica 26 dicembre 2010

Improvvisazione per chitarra e schiaffi (con la scusa di jingle bells)


Scelgo e monto le immagini a cazzo di cane, forse nello stesso modo in cui scrivo. Poi mi accorgo che ho raccontato qualcosa:
Le delusioni si soffian via con una bella donna fra le braccia.
In fondo è un modo piuttosto creativo per svoltare il tedioso Natale.

venerdì 24 dicembre 2010

Dialogo con l'inquietudine

"Avanzo lentamente, defunto, e la mia visione non è più mia, non è niente: è quella dell'animale umano che ha ereditato senza volere la cultura greca, l'ordine romano, la morale cristiana e tutte le altre illusioni che formano la civiltà all'interno della quale io percepisco.
Dove saranno i vivi?" (F.Pessoa, il libro dell'inquietudine)

Allora, mio caro Ruhevoll, cosa mi racconti in questi festosi giorni monotoni.

Non sono tuo, nè mi chiamo Ruhevoll. E già mi appare l'assurdità di questa frase, che io non mi chiamo mai, non ne ho certo bisogno, ci sono sempre e non mi separo da me stesso, non mi scindo. Il mio vero nome forse si compone solo sulle labbra di una donna, quando lei ha il coraggio e l'amore per dirlo, libera dai lacci sociali, dall'inganno, dall'età e dalla coscienza. E si dissolve quando lei mi abbandona per pronunciarne un altro, io sono la percezione altrui, il suo disegno. Senza di lei ho forma vaga e posso essere ciò che voglio, immerso in questo brulichio di volti senza suono, in una solitudine piena di possibilità.

Come canti in riverbero Ruhevoll, permettimi di chiamarti ancora così, lo faccio solo per capirsi.

Ma cosa vuoi capire tu da un nome? Quanti nomi sono dei vestiti indossati da oggetti sbagliati, abiti di qualcos'altro, concetti astratti, linee spezzettate che suonano dissociate senza comporsi in un'immagine, o ancora parole che posandosi su ciò che non ha immagine tentano di evocarne l'idea. Ho dovuto scrivere un sacco di righe per tentare vanamente di dare un mio significato alla parola ruhevoll e tuttavia ne restano fuori infiniti aspetti e sfumature. Nemmeno la musica, per quanto più efficace, riesce a definirlo.

Un vero poeta reinventa il linguaggio correndo il rischio di restare solo.

Si resta sempre soli quando riusciamo a dire le cose, anche senza essere poeti, perchè per poterle dire ce ne dobbiamo separare, prenderne le distanze. Come in queste celebrazioni del Natale, che mi fanno pensare alla festa dell'otto marzo, si celebrano le cose verso le quali si hanno sensi di colpa.

E quale colpa ci sarebbe nel celebrare il Natale?

Nessuna colpa, forse, semmai la complicità col furto cristiano verso ciò che non ha niente a che vedere con la cristianità: la nascita. E quindi, monotonamente, come ogni anno farò a meno del Natale, farò a meno della bontà associata alle scorpacciate, farò a meno delle lucine colorate e dei sorrisini imbecilli, dei pensierini di pace e fratellanza da mettere sotto alberi ormai tagliati, farei anche a meno di me stesso se fosse possibile, ma come vedi sono qui a scrivere e non ho trovato niente di più adatto che Pessoa per dire quel che penso.
Anche io mi chiedo: dove sono i vivi?

Meno male che hai l'onestà di ammettere la tua monotonia.

A lungo andare diventa difficile trovare risposte creative a questa cantilena ed essa ammoscia anche il mio animo ribelle. Non mi sarebbe sufficiente nemmeno un bel paio di gambe spalancate se anche quelle ripetessero la litania di mugolii senza un'immagine. E quindi potrei variare la domanda di Fernando, dov'è una donna viva?

Qui stai cedendo al pessimismo amico mio. Sta a te disegnare con lei le curve di un amplesso originale. Sta a lei disegnare con te un nome non ancora detto.

Lo scrissi tanto tempo fa:


Trovale una cosa che
non sia già detta,
che non sia passata.
Digliela con gli occhi 
e non una parola
ad increspare l'aria.
Scrivila sulla sua pelle
ed accarezzerai un'idea
sul fior delle sue labbra
schiuse come un'orchidea.


Versi scialbi, da canzonetta, mi aspettavo di più dal momento che hai aperto con Pessoa.


Oh ma infatti era una canzonetta, e non hai ancora sentito qual'era il ritornello:


Suoni che non han rumore
suoni che si vedono
dicono le cose agli uomini
din don bell.


Accipicchia, chiami addirittura Shakespeare a darti mano nelle note finali, ma non sarai un ladro che non ha il senso del ridicolo?


Non mi serve il senso del ridicolo, io lo sono di mio.

mercoledì 22 dicembre 2010

Le tre coppette dell'amore

Dunque la maestra mi diceva che non è corretto iniziare a scrivere una frase con dunque.
Cara maestra eri peggio di una mamma scema!
Dico peggio perchè se da una mamma ci si aspetta poco, almeno da una maestra ci si aspetta quel minimo di ponte che permetta il passaggio fra la mamma ed una donna vera e propria. Non dico certo la sessualità fisica, che alle elementari è un po' prestino, ma insomma un assaggino di quell'immagine con la quale il mio destino di maschietto avrebbe dovuto cimentarsi di lì a poco non avrebbe certo guastato.
Ed invece nisba, solo una stronza algida e prolissa che bisognava accontentare sennò faceva scenate isteriche.
E dunque, tanto per tirare l'acqua al mio mulino e mandare affanculo tutte le mamme e le maestre frigide del mondo, ricordo che proprio alle elementari mi sognai per la prima volta il corpo nudo di una compagna di scuola. La cosa divertente è che sognai di scoparla, ma non avevo la benchè minima idea della cosa, almeno nell'esperienza concreta. Nel sogno il suo monte di Venere aveva tre piccole mezze coppe, tipo quelle in terracotta che talvolta si vedono incastonate nei muri e che servono anche per metterci dei fiori o delle lampade. Quelle da me sognate, ovviamente, erano di carne ed erano disposte come due occhi ed una bocca. Io infilavo il mio pisellino nella coppetta più in basso ed era una cosa che mi spalancava il cuore, una sensazione intensissima d'amore.
Dunque, cara la mia maestra, in principio era l'immagine e non il verbo.
Non so perchè ho scritto di questo episodio infantile, l'ho scritto perchè ho poggiato le dita sulla tastiera per scrivere non so cosa ed ecco che è affiorato alla mente questo che non so chiamare ricordo perchè più che un ricordo è ovviamente una memoria, oserei azzardare che è quasi una memoria inconscia non onirica, perchè non è che ho rifatto il sogno, è semplicemente accaduto qualcosa nella mia giornata che lo ha fatto riaffiorare adesso come immagine e non, chiaramente, come ricordo di una cosa della coscienza, perchè anche a suo tempo non fu una cosa cosciente.
C'è gente che si lambicca il cervello per tentare di spiegare i motivi e le origini delle immagini senza cavare un ragno dal buco, anzi spesso farfugliano freudianamente guastando tutta la bellezza che certe immagini possono avere. Se non si ha una fantasia umanamente sana è meglio non cimentarsi in nessuna interpretazione. Per cui un Freud, che presupponeva che l'inconscio fosse perverso per natura, possiamo facilmente immaginare quali false ed orribili interpretazioni potesse dare.
Invece a me appare così chiara la bellezza del mio sogno.
Chiara come la semplice bellezza di una cosa che mi è accaduta oggi.

lunedì 20 dicembre 2010

Zefiro

Sono un po' stanco di sentirmi intelligente solo quando scopro di essere un cretino.


Che palle queste riflessioni, nemmeno fossi dotato della profondità di un Pessoa.

Il mio curioso vascello scarroccia fra la solitudine e la passione, beccheggia sulle onde di desideri incostanti, s'inabissa in ventri ansiosi di domande, fluttua nell'enigma di uno sguardo altrove, insegue la bellezza di una voce taciturna.

Dove sei?
Sono qui, ma non mi vedi.

La certezza degli attimi iridescenti svanisce nelle alchimie di cuori illusionisti, gettarci l'ancora sarebbe un suicidio totale, non troverebbe fondo.
Eppure riesci ad ingannarti e navighi senza sosta, schiavo di un vento capriccioso che fa delle tue vele ciò che vuole. La presunzione di governare la tua barca doveva fare i conti con Zefiro se volevi trovare terre lussureggianti. E quando le hai trovate è lui che ha deciso se lasciarti lì come un ospite prigioniero o se sconvolgerne i porti e rompere gli ormeggi.
Zefiro, sei la menzogna dei cuori molto piccoli, sei solo un vento che arruffa i capelli e agita le lenzuola.

Mi rivolgerò all'immagine.

giovedì 16 dicembre 2010

pensieri leggeri

Mi rendo ben conto di quanto sia difficile avere delle certezze in una cultura che sembra costruita sulle sabbie mobili. Proprio per questo le chiese offrono l'inganno di architetture solide ed i centri di potere hanno palazzi massicci.
Ma se il suolo è inaffidabile forse sarebbe meglio avere una casa leggera come un'infruttescenza di tarassaco, pronta a volar via e radicare altrove una nuova pianta, prima che le sabbie mobili ci facciano prigionieri fino alla morte.
E che dire dell'instabilità dei cuori e degli amori? Quali alcove costruire per abitarli, quali ripari offrire ai sogni più belli di una donna e di un uomo? Forse solo la loro fantasia può proteggerli dalla tristezza del sopravvivere e far sì che la promessa d'amore sia il pungolo dolce che li fa lavorare per l'altro e non solo per se stessi.

martedì 14 dicembre 2010

nascite e rinascite

Poco tempo fa ho scritto che avrei fatto una capriola e sarei rinato. Mi domandavo anche quale sarebbe stato il volto che avrebbe visto il mio sorriso. Sì, perchè il neonato, se nasce bene, ride anche se piange, garantisco io per questa apparentemente assurda affermazione.
Ed ora scrivo, e non sto scrivendo per qualcuno che magari mi legge, come ho fatto spesso, ma per un qualcuno che non so se mi leggerà perchè non so chi sia.
Sto in effetti rinascendo e, come tutte le nascite, è per separazione. Adesso, date le molte nascite fatte nella mia non brevissima vita, so che dovrò stare ancora più attento al volto che mi farà innamorare, sempre che lo trovi, perchè essendo una vera rinascita tutto il mio passato diventa solo memoria e non ricordo, e fra le due cose c'è un'enorme differenza. La memoria è auspicabilmente inconscia, mentre il ricordo è solo cosciente. Per cui potrò andare incontro a risonanze col mio passato ma non a ripetizioni, pena la perdita della mia nascita in un delirio psicotico. Quest'ultimo passaggio so che dovrei spiegarlo se scrivessi per qualcuno di preciso, ma siccome scrivo per chi ancora non c'è o non so chi sia, ma della cui esistenza ho una dolcissima speranza-certezza, allora me ne sbatto di spiegare e corro via dietro ai nuovi pensieri.
Ad ogni modo non è che non mi ricordo nulla del passato, me lo ricordo eccome, so bene quanti volti hanno scritto insieme a me la mia e la loro storia, so bene quali erano falsi e quali veri, quelli sani e quelli guasti, chi mi ha deluso e chi mi ha reso felice, chi si è avvizzito e chi si è sviluppato. Però niente mi lega più a quei volti se non una memoria inconscia, il ricordo cosciente non mi dice niente, nemmeno sulle più belle e clamorose scopate o sulle parole più intense e profonde, ricordarle non mi serve a nulla, sarebbe come un guardare senza "vedere".
E di fronte al nuovo volto sarò nuovo anche io, alla faccia dei miei anni sarò vergine, alla faccia del mio cinismo mi stupirò. Ma fintanto non troverà il suo volto la mia nascita resterà dormiente, quindi dovrà essere robusta per non cedere alla falsa salvezza dell'indifferenza, perchè dell'immagine femminile (dato che chi scrive è un uomo) avrà un'esigenza irrinunciabile per mettere in crisi e trasformare il proprio narcisismo che altrimenti diventerebbe patologico.
In fondo nelle nascite, come nelle vere storie d'amore, è sempre stato così.
Ed il desiderio, come nell'antica favola di Amore e Psiche, si legherà ad un'immagine che non deve essere stuprata dalla lucida coscienza, pena la perdita dell'oggetto d'amore. Ma di questo ho già scritto.

lunedì 13 dicembre 2010

Inutilmente




Ancora mi trasformo
nell'intima notte
affiora un me stesso
che di sè taceva.

Perché non te ne vai
spietata megera,
delatrice di un cuore di seta.
Uscite dal mio cielo
corvi del pensiero
non dilaniate più i suoi sogni.

Chissà perchè poi
gli amori si tingono d'abbaglio,
s'incrociano e divergono.
Che strabismo del cuore,
e l'oculista non è l'assenza.

Ostinata è la superbia
mentre ara un campo di sconfitte,
semina gli insulti
e attende che germoglino baci.

Per un silenzio
è  facile smarrirsi,
tuffare i piedi nelle pozzanghere
pur di sentire qualcosa,
ma il suono è asciutto,
l'udito non si bagna.



domenica 12 dicembre 2010

La storia di tutte le storie

La storia di tutte le storie, la fiaba di tutte le fiabe, Amore e Psiche.
Pare che ne esistano oltre mille e cento versioni e varianti attraverso i millenni.
In un bellissimo libro ne hanno raccolte diciannove, le più belle ed anche le più antiche. Quello che le accomuna tutte sono il tema della separazione dalla famiglia, l'invisibilità dell'amante, la trasformazione, la crisi e le prove da superare per ritrovare l'amore.
La fase iniziale è la separazione dalla famiglia e da tutto ciò che invidiosamente istiga la protagonista a "guardare" lo sconosciuto amante, come a dire che è lo sguardo invidioso della ragione o della lucida veglia a distruggere il rapporto d'amore. Ed infatti l'amato (ma in altre varianti i ruoli sono invertiti) arriva di notte come un sogno. La ragione non comprende i sogni, li nega e li distrugge, per quello chi vive una storia d'amore non deve mai ascoltare nè madri nè padri nè sorelle nè chicchessia. La lucida ragione violenterebbe il sogno nel tentativo di renderlo visibile e comprensibile, quasi come voler vedere lo sperma che passa da un corpo all'altro come veicolo d'immagine. Renderlo visibile lo trasformerebbe in veleno poichè ne verrebbe negato il senso, ne rimarrebbe solo una materialità insignificante, accecando gli occhi, stuprandoli e degradando il rapporto d'amore a masturbazione esibizionistica o a bramosia della materia, come un neonato che venisse saziato di latte ma distrutto e scisso nella psiche da una madre anaffettiva, per trasformarsi in vampiro insaziabile che di notte succhia il sangue, che è poi la degenerazione dell'immagine di Amore da parte del mondo cristiano.
Mentre invece il sogno ed il vero rapporto d'amore è tutto un gioco di immagini che trasformano la ragazza in donna nel rapporto con lo sconosciuto. Ma evidentemente, da che mondo è mondo, la crisi è difficilmente evitabile per due motivi, il primo, giusto, è che la trasformazione spazza via il narcisismo adolescenziale, ponendo il soggetto di fronte ad un diverso da sè, il secondo, dovuto ad una carenza d'identità interna, è il cedimento alla ragione invidiosa che fa perdere l'amore, per cui dopo inizierà un periodo di solitudine e tutto il lavoro di superamento delle "prove" per ritrovare l'amato. Ma queste prove spesso sono impossibili da risolvere senza l'aiuto dell'altro, come a dire che non esiste possibilità di completezza e realizzazione senza l'altro diverso da sè.
In fondo l'amore è questo.

sabato 11 dicembre 2010

Ad ognuno la sua classe



Ci sono ricerche che si intraprendono senza rendersene conto, come andarsene in ospedale per un intervento da soli, così, solo per misurare il proprio livello di resistenza alla solitudine in un ambiente non certo allegro, ma anche come rappresentazione di una pervicace barbonaggine interiore.
Non è asocialità, tantomeno masochismo, è piuttosto la pretesa aristocratica di non chiedere conforto nelle cose materiali, sapendo che sono altre le attenzioni che vorremmo, sapendo che è l'esistenza degli altri ed il loro spontaneo agire a renderci felici.
Chi scrive ha un'ostinazione quasi paranoica a cercare la bellezza negli altri, quando ne vale la pena, ma ha imparato che non possiamo costringere nessuno ad essere bello, perchè se ci si prova spesso si ottiene il contrario.
E così ho scoperto la naturale bellezza di un'infermiera e l'asettica e anaffettiva professionalità di altre.
Belli lo si è per nascita.

giovedì 9 dicembre 2010

Mietitura



Andremo lontano, coi nostri passi diversi, a mietere bugie dai cuori più dispersi.
Le chiameranno sogni, portandoli al fienile, e non daranno pane, staranno lì a marcire.
Ma tu non vuoi mentirmi, io non ti so ingannare, non porteremo falci, non le sappiamo usare.

sabato 4 dicembre 2010

Glu

C'è chi si dedica alla poetica arte di scovar parole raffinate per dipingere il turbine di vuoto dentro cui volteggia. In realtà non è arte, è solo un espediente per dissimulare lo sterco sotto le sue giravolte.
Ed ogni stolto che si lascerà sedurre dal prezioso linguaggio senza intuirne il nulla si ritroverà i piedi sporchi, oh, ma gli occhi innamorati.
In fondo anche quello è un modo di vivere.


Le ondate di vuoto che schiaffeggiano il mio vascello fantasma sono l'eco della mia mala esistenza, il vascello la mia storia fatiscente.
Io sono lo stolto che ha atteso invano la calma del mare, quando nella tempesta anche un misero scoglio può sfondare la chiglia.
Nocchiero miope, timoniere ubriaco, mozzo pigro, capitano smarrito.
Affogo nei miei stessi pensieri, la mano che tenta di afferrare la fune pasticcia e la fune diventa cappio che soffoca il mio grido.


Da un molo si affacciano gli anaffettivi, valutano astrattamente la capacità dei miei polmoni, ma l'aria è ormai poca e  l'acqua tanta, sto perdendo la mia nascita.


Forse è solo fantasia di reinfetazione.


Morbidi tappeti, ebano levigato, perle di rugiada, passi di antilope, laghetti azzurri, i nomi, i nomi, i nomi.
Ed il mio chi lo dice, quelli là sul molo? Che buffe marionette, sono di legno e possono galleggiare se i fili non le strangolano.


Il corpo del mio burattino invece affonda se tolgo la mano.


Glu
glu
glu.


Fra poco farò la capriola e rinascerò, chissà quale volto vedrà il mio sorriso.

venerdì 3 dicembre 2010

Massima

C'è un metodo antichissimo e pressochè infallibile per far deprimere le persone sensibili, basta idealizzare un cretino.

Pensieri sull'arco

Sentire l'avviso acustico di un messaggio sul telefono mentre pigramente ti stai facendo la barba e pensare Chissà chi è così di primo mattino. Finisci di raderti poi ti asciughi i capelli mentre valuti l'idea di un altro caffè. Leggi il messaggio e, sorpresa, è una donna che ti ringrazia per la serata e dice In casa tua c'è una bella energia che fa stare bene (che sia la mia nuova stufa a pellet?). Son cose che fanno senza dubbio piacere. Poi, mentre sorseggi il terzo caffè, ascolti i pensieri affiorare nella mente che si sta spogliando via via delle immagini notturne, ma ancora non è lucidissima e quindi puoi sfruttare questo momento come se stessi attraversando l'arco che unisce l'onirico alla veglia, prima di scivolare definitivamente dal lato del lucido pensiero verbale. Non sai perchè ma compare nella tua mente una frase enigmatica letta tanti anni fa "La tristezza di rispondere al desiderio" e mentre continui a scivolare verso il lato della veglia decidi di portarti dietro questo pensiero per vedere cosa ne potrai ricavare.
Piove come Guido la manda ed il tergicristallo sembra un metronomo che spazza via le gelide lacrime di un cielo frignone. Con quel ritmo si insinua un'altra memoria di versi letti il giorno prima in un blog amico

E' l'amore che è l'essenziale.
Il sesso è solo un accidente.
Può essere uguale
o differente.
L'uomo non è un animale:
è una carne intelligente
anche se a volte malata.
(Fernando Pessoa, Una sola moltitudine)

Non sai ancora come nè perchè ma hai la sensazione che tra la frase letta tanti anni fa e quei versi ci sia un nesso nascosto.
Anzi, ne sei certo.

giovedì 2 dicembre 2010

Ars est celare artem

Le dita scorrono sulle corde e non sempre suonano il saputo, a volte cercano e si meravigliano di incontrare un accordo insolito. Poi si domandano cosa farne, a quali altri accordi accostarlo, ed ecco che l'arte della composizione ha inizio, costruendo un piccolo universo intorno a quell'unico accordo, per esaltarne ogni sfumatura ed ogni implicazione armonica. Guai a distenderlo accanto ad accordi usurati come vecchie lenzuola, insulterebbero la sua originalità. E quindi tutto dovrà esser nuovo, anche un consunto re maggiore andrà rigenerato e reso nuovamente illibato all'incontro con la verginità dell'altro, o forse sarà proprio questa ad illuminare di nuova e limpida luce ogni vecchia armonia.
Il nuovo accordo si affaccia come il volto che cercavamo per poterci innamorare, resterà solo la durata di uno sguardo ma renderà tutto il resto secondario. L'arte dovrà cimentarsi nell'uso parsimonioso di quel nuovo volto in modo tale da non ucciderlo con la ripetitività, perchè la bellezza è sempre sfuggente, in perenne movimento e tutto ciò che la rappresenta non può nè deve mai essere statico, nemmeno in una statua. Per questo ogni artista della materia inerte fallisce nel momento stesso in cui pensa che l'opera sia finita.
In fondo è come una donna per un uomo ed un uomo per una donna, l'oggetto del desiderio è un Proteo iridescente, tentare di appropriarsene divorando il suo corpo renderebbe solo gli occhi ciechi al contenuto ed all'immagine. Quindi amare è arte del comporre e del divenire, non del prendere o del guardare.
Per cui se quell'accordo è un bellissimo volto faremo di tutto affinchè risuoni al meglio delle sue possibilità, anche rischiando il dolore di usarlo una sola volta.

martedì 30 novembre 2010

Del titolo



Ho rubato a Mahler la parola che dà il titolo al blog. La parola non l'ha ovviamente inventata lui ma la prendo per il senso ed il significato con cui Mahler la usa per il terzo movimento della sua quarta sinfonia.
Le traduzioni in italiano sono talvolta discordanti, c'è chi farnetica di tranquillità e chi invece, giustamente, parla di calma, pieno di calma, di calma e di silenzio.
Si noterà il contrasto fra il significato semantico della parola e la rappresentazione pittorica della tempesta nel celebre dipinto di Waterhouse scelto come immagine del blog. Sembra un ossimoro.
Osserviamo però la bellissima donna, osserviamo le sue mani, la destra a trattenere lo scompiglio dei capelli mentre la sinistra poggia delicatamente sul seno. Certamente Waterhouse aveva i suoi motivi per ritrarre le mani in quella posizione e chi scrive è libero di leggerle a modo suo.
I capelli rappresentano spesso, nell'onirico, l'intelligenza. Ecco che è proprio questa la parte di sè che è più esposta all'agitazione ed allo scompiglio che le tempeste della vita arrecano con la loro violenza. Di solito si tende a pensare che siano gli affetti ad essere i più sconvolti, per cui ci si aggrappa alla ragione per non soccombere e trovare in essa un'ancora di salvezza. Chi scrive non la pensa così e vuole proporre che è proprio la ragione la peggior nemica degli affetti, perché li annulla giudicandoli effimeri.
La donna (e l'immagine femminile) non è mai stata rappresentazione della lucida e fredda razionalità, per cui di fronte agli sconvolgimenti non resta certo insensibile e proprio i suoi capelli sono i più esposti al vento che li maltratta e li riempie di nodi inestricabili. Ma non è l'intelligenza che manca alla donna, il suo è un modo di essere che rifiuta spontaneamente la fredda razionalità degli uomini che uccide gli affetti. E la mano sinistra, infatti, ha una calma ed una grazia incredibili nel posarsi sul petto, non pare proprio un movimento di protezione o di difesa, la sua mano sembra più poggiarsi con rassicurante certezza sulla profonda calma interiore, la stessa che dal ventre di donna fu donata a tutti gli esseri umani come una traccia di memoria cutanea vissuta nella calma del liquido amniotico.
Questo è il senso che chi scrive dà alla parola Ruhevoll, sperando che le sue dita maldestre si poggino su questi tasti, nonostante le tempeste, con la stessa calma della mano di quella donna, una donna che continua a cercare da una vita.

lunedì 29 novembre 2010

Vene al vento





Una pioggia grigia, incessante, senza l'impeto della tempesta ma di quella assai più nefasta, penetra nei pensieri, s'insinua in ogni anfratto, cola per ogni dove e gronda senza lasciar riparo.
Ma basta che io guardi nei tuoi occhi per aprire il cielo plumbeo nel mio petto.
Basta che io ascolti la tua voce per dileguare con una terza piccarda la malinconia del cuore.
Ed il tuo corpo è il più bello dei mari in cui navigare, perchè Zefiro gonfia le nostre vene di un canto sublime quando ci amiamo.

venerdì 26 novembre 2010

Vorrei



Vorrei viaggiare su tappeti volanti e sbatterli come palpebre per togliere la polvere. Svegliarmi all'alba per raccogliere luci delicate e posarle sul cuscino dell'amata ancora avvolta in odorose lenzuola. Costruire un arpa eolica che risuoni col respiro dei nostri amplessi. Ascoltare i bufi nello stagno ed unirmi al loro canto se trovo un cuore stolido. Scrivere le delusioni con inchiostro simpatico e ridere a crepapelle. Smaltire una sbornia bevendo un caffè letterario. Unire le mie lacrime alle sue e vederle scopare fino ad asciugarsi. Sciogliere i suoi capelli in una soluzione di liquidi amorosi e orgasmi. Uscire a notte fonda e ringraziar la Luna di mostrarmi una sola faccia. Volgermi indietro e ridere di Montale.

Ad oriente

La Fortuna è un vento caldo che soffia dal deserto, ha l'alito profumato e mi porta granelli di sabbia iridescente, asciutta ormai di lacrime.
Mi porta la sincerità e la bellezza di un volto che non si deforma, un volto che dona se stesso per amore e non per essere ammirato.
Esiste e ciò mi basta, affinchè io possa continuare ad intrecciare la mia memoria con fili di seta e non con stoppa sfilacciata.
Ad oriente il cristianesimo non è giunto ad annullare completamente l'immagine femminile. Ad oriente il desiderio non si degrada in bramosia, ne sanno molto più loro che non Omero con Ulisse e Circe.
Chi introietta il corpo lo eliminerà come cibo digerito e le immagini non si salveranno certo usando l'astuzia.
Fortuna, sei passata troppo in fretta fra le mie dita, fuggendo via come l'oro rosso, ma è del tuo alito ch'è fatto il mio respiro. 

giovedì 25 novembre 2010

Ruhevoll

Perdute son l'arte e la magia, naufragio ed oblio di legni disfatti.
Disteso nell'ombra di un leccio sorseggi la calma sgorgata dagli occhi.
Nessuno ti vede se guardi lontano, ben oltre le foglie è l'azzurro del cielo. Promette l'inganno di un vuoto mentale.
Tu giochi col tempo che beve la luce muovendo le tremule ombre nascoste.
Si tuffano a fondo, scomparse, poi guizzano a galla gridando, risposte perdute, risposte mai date, risposte soltanto sognate.
La calma profonda dilaga negli occhi.
Sorridi all'azzurro, ma è l'ombra che ascolti.