venerdì 25 gennaio 2013

formelle


Passavo in piazza del Duomo quando ho notato, alla base del campanile di Giotto, tre formelle interessanti.
Esse ci parlano dei propositi di un pastore che, dialogando al mattino con le sue pecore, dice:
 icchè fo' oggi ragazze,

mi fo' una mega canna,

o mi scolo una botte di vino? 

domenica 20 gennaio 2013

tavolo



Potrei scrivere di un tavolo, sì, perché no?
Non so per quale motivo riesco sempre a riempire i tavoli di casa con un sacco di cose, le più svariate.
Forse i tavoli sono un po' come la mia vita.
E ogni tanto mi accorgo che sono troppo incasinati e devo riordinarli.
Il fatto è che ogni cosa che tolgo dalle tasche o dalla borsa o che sposto da un luogo ad un altro finisce sempre per essere parcheggiata a tempo indeterminato sul primo tavolo a disposizione.
Capitano poi quei momenti in cui osservo il tavolo e lo sento ostile, non più corrispondente alla mia immagine di tavolo perché non è più un tavolo, è un casino, una scialuppa di oggetti alla deriva, un manifesto della mia pigrizia e indolenza, un catalogo del disordine, una fotografia spietata della mia vita.
Quando finalmente prendo il toro per le corna e decido di mettere ordine, allora la cosa diventa comica e assume l'aspetto di una sorta di fantautoanalisi interpretativa. La lotta interna fra l'indolenza e il desiderio di riscatto dal disordine scatenano effetti collaterali che si propagano per tutta la casa se non riesco a trovare una giusta collocazione agli oggetti che tento di mettere al loro posto, per il fatto che se sono sul tavolo vuol dire che un loro posto non ce l'hanno o, se ce l'hanno, che non funziona o, se funziona, che non lo voglio far funzionare.
Ad esempio i grossi volumi dell'enciclopedia della musica, quella della UTET, sono stato costretto a metterli in un ripiano sul soppalco, accanto al letto, perché sono molti, alti e troppo pesanti per le mensole che mi sono costruito di sotto, ma quando ne porto giù uno per leggerlo esso rischia di rimanere sul tavolo per settimane o addirittura mesi, denunciando così l'atroce fallimento della mia capacità organizzativa. Inoltre c'è sempre il rischio che, per non fare la fatica di togliermi le scarpe (sul soppalco ci si va solo scalzi, è un omaggio alla cultura giapponese e quindi imperativo!) io rinunci a consultare l'enciclopedia per verificare se quel che mi ricordo è una cazzata oppure no. Se ne evince che il numero di cazzate non verificate che scrivo sulla musica cresce a dismisura se non mi decido ad usare delle pantofole quando sto in casa. Ma anche la questione delle pantofole, che detesto cordialmente preferendo degli zoccoli chiusi, mi incasina la vita domestica, perchè avendo il giardino tutto intorno a casa dovrei toglierle ogni volta che esco fuori per i più svariati motivi, annusare l'aria, ascoltare il ruscello, mandare affanculo il gatto Ceppicone, fumare una sigaretta ecc. e calzare delle calosce o delle scarpacce adatte al terreno nel periodo invernale.
No, troppo troppo complicato per me, oltretutto aggiungerebbe l'ulteriore problema logistico del "dove cazzo le lascio poi?".
Potrei andare avanti all'infinito con queste sciocchezze ma la smetterò subito perchè il tavolo adesso è in ordine. Non racconterò il motivo di questo avvenimento perché non lo conosco, so solo che è successo e che quindi qualcosa dentro di me si è destato e ha sfanculato quel casino.
Sì, ma adesso?
Come le rughe sul mio volto, che sono apparse lentamente e impercettibilmente ma, alla fine, sono diventate evidenti, so che le cose pian piano inizieranno di nuovo a tornare sul tavolo, come antichi amanti in cerca di un ripasso dell'identità del loro amore perduto, come gatti in cerca del luogo più comodo, come tradizioni inutili ma stupidamente reiterate, come impronte sulla sabbia in attesa di un'onda che le cancelli.
Eccoci!
Cosa cancella gli affetti e i vissuti? E sono davvero cancellabili? Pare di sì.
C'è chi parla di rimozione, come fossero auto in divieto di sosta, ma c'è anche chi ha parlato di sparizione. La prima è una questione spaziale, troppo sciocca e superficiale per essere applicata alla mente umana. La seconda è temporale, prima c'è una cosa e poi non c'è più e, viceversa, prima una cosa non c'era e poi c'è.
La conoscenza delle dinamiche psichiche può illuminarci sul concetto di
creatività.
Spariscono la farina e l'acqua e compare il pane, sparisce il seme e compare l'albero, sparisce l'albero e compare un tavolo.
Sparisce la bambina e compare la donna.
Sparisce la stupidità violenta e compaiono le persone libere e sane.
Spariscono le persone libere e sane e il mondo si riempie di stupidi e violenti.
Qualcuno potrebbe invocare la dialettica, ma con un cretino e con un violento non esiste possibilità dialettica.
Dal mio tavolo sono scomparse un sacco di cose, ma non tutte sono sparite, la maggior parte le ho solo dimenticate. Quelle che sono sparite non potranno mai più tornare, a meno che qualcuno non sia così creativo da farmele reinventare.

sabato 12 gennaio 2013

Notizie e contronotizie



Capita di abbracciare con entusiasmo delle notizie per poi accorgersi che forse, e ripeto forse, celavano qualche farloccata. La soluzione migliore, nel mio caso, è quella di mettere tutto in tavola, in modo che ognuno possa rendersi conto di quanto sia difficile e penoso fidarsi di chicchessia. Qualcuno, per non sbagliarsi, si astiene sempre e comunque dal prendere parte a qualsivoglia discussione e dall'esprimere una qualsiasi opinione. Questo atteggiamento mi puzza tanto di ignavia, ma fa parte del gioco.
Il mio atteggiamento è diverso.
Dunque la notizia è questa, anzi la contronotizia.
Ho appreso da un'altra carissima amica (è praticante giornalista, se mi si passa l'espressione, ossia rientra in quella categoria di lavoratori sottopagati con la scusa della formazione) la quale pare assai informata sugli avvenimenti nel territorio dell'alto milanese, che la storia a cui faceva riferimento il mio precedente post sia montata ad arte.
Immaginatevi la mia sorpresa.
Sembra che la vicenda dei ricatti, delle pressioni e del proiettile inviato alla redazione sia una montatura fatta ad arte per chiudere il settimanale senza pagare un euro ai dipendenti.
Mi sono domandato cosa c'entrano i ricatti con gli stipendi, ossia che una cosa sono le intimidazioni ed un'altra sono le casse del giornale.
Possibile che davvero un settimanale che si vanta di essere indipendente e alternativo possa ordire una simile nefandezza? No, dico, uno rimane interdetto, non sa più cosa pensare, non sa più se è falsa la notizia o la contronotizia.
Sospendo doverosamente ogni giudizio, limitandomi per onestà a rendere partecipi del mio stupore anche gli amici di blog. Concludo però che, in ogni caso, il senso del mio precedente post non si sposta di una virgola: la libertà di stampa e (aggiungo ora) la qualità del nostro giornalismo sono in coma profondo.  

martedì 8 gennaio 2013

sparizioni


Una cara amica, direttrice di un ottimo e importante settimanale, segnalava l'ennesima chiusura di una testata giornalistica indipendente. Qui il link ad un articolo che racconta un po' di cose.
Qui un altro link interessante.
Questo mio picciol post vuole essere una goccia in soccorso di una minoranza nel mare di stronzate che la maggioranza dei media ci propinano.
Dal momento che i blog sono divenuti forse, ma forse, l'ultimo baluardo della libertà di stampa, nonché della libera circolazione del pensiero (sano o, ahimè, sballato) penso che sia doveroso, ogni tanto, distogliere l'attenzione dalle mie cazzate personali per indirizzarla su temi più urgenti e importanti.
Una piccolissima testata, dirà qualcuno.
Sì, ma è con la sparizione dei piccoli che i colossi creano il deserto intorno a loro, fino a quando nessuna voce sarà più in grado di esprimere un differente punto di vista.