sabato 31 dicembre 2011

ermetismo di fine anno



Lascio che le immagini diventino ombre, memorie di cose vissute, dipinte sul muro dei ricordi.
L'ombra dell'albero non è l'albero, è la memoria che ho dell'albero. E si trasforma con la luce, più alto, più basso, più...
Ah, i punti di vista! 
Se chiudo gli occhi e sogno non c'è più la luce, ma la memoria dipinge anche al buio.
Ed io so quanti alberi dipingo nel buio della notte, lasciando che i loro rami s'intreccino col mio desiderio.
E so che vivo un'eterna sfida, di comporre l'albero che sogno con l'albero che vedo davvero.
Forse Dafne era una frigida e Apollo un Dio scemo.
Ma sicuramente Platone era un idiota.

giovedì 29 dicembre 2011

L'arte della gioia



"Il male sta nelle parole che la tradizione ha voluto assolute, nei significati snaturati che le parole continuano a rivestire. Mentiva la parola amore, esattamente come la parola morte. Mentivano molte parole, mentivano quasi tutte. Ecco cosa dovevo fare: studiare le parole esattamente come si studiano le piante, gli animali... E poi, ripulirle dalla muffa, liberarle dalle incrostazioni di secoli di tradizione, inventarne delle nuove, e soprattutto scartare per non servirsi più di quelle che l'uso quotidiano adopera con maggiore frequenza, le più marce, come: sublime, dovere, tradizione, abnegazione, umiltà, anima, pudore, cuore, eroismo, sentimento, pietà, sacrificio, rassegnazione."


(L'arte della gioia, Goliarda Sapienza)



Ovvia, si riparte



Sì sì, io me ne accorgo subito, se ne accorge il mio corpo, il mio stato d'animo.
Le giornate si stanno già allungando.
Di un nonnulla, dirà qualcuno, un'inezia.
Ma è un nonnulla inarrestabile, che mi mette di buonumore.
Per questo c'era la festa del Sole, che i cristiani scipparono tramutandola in un demenziale, quanto falso, compleanno di un tipo che non è mai esistito. Ma che volete farci, non c'è niente che piaccia di più agli uomini che le bugie. Più son grosse e più ci vanno a nozze. D'altronde ogni potere sulla mente altrui è sempre costruito su una menzogna.
La rinascita del Sole invece era la festa più bella, senza il suo calore noi non saremmo qui, senza la sua luce non potremmo immaginare niente.

sabato 24 dicembre 2011

La cena degli orrori (o l'equilibrio della tazzina)



Sono anni che continuano ad invitarmi alle cene dei vecchi compagni di scuola ed io ho sempre trovato una scusa per non andarci, dato che erano persone con cui non avevo più avuto contatti, ma l'ultima volta non mi sono inventato improrogabili impegni o problemi di salute dei miei vecchi genitori, ho semplicemente detto che non avevo assolutamente voglia di andarci, che non ero curioso di sapere cosa avevano fatto delle loro vite i miei ex compagni nè di vedere le davastazioni del tempo sui loro corpi. Inoltre i resoconti delle precedenti cene raccontati da uno di loro, l'unico che ho casualmente incontrato, erano così penosi da fugare ogni mia titubanza. Mi parlava di Tizio con tre by-pass, di Caio con un fegato trapiantato, di Pinco che pesava centoquaranta chili o Pallino che s'era dato all'alcol. Cazzo, ma siamo matti? Cosa ci andavo a fare, a gongolarmi della mia buona salute? Proprio Pallino, che era il più bello, quello che quando andavamo alle feste attirava gli sguardi di tutte le ragazze, che gliela davano senza che lui nemmeno aprisse bocca, mentre a noi ci toccava imbastire un romanzo di cazzate per poi non aguzzare nemmeno un chiodo, ecco proprio lui è diventato un disastro, inebetito dall'alcol, gonfio, bolso e prossimo alla cirrosi epatica. Possibile che con tutte le donne che perdevano la testa per lui non ne abbia trovata una capace di dargli la gioia di vivere? Perchè alla fine a me è di questo che importa, non di sapere che uno è diventato presidente di una grande multinazionale o che un altro ha accumulato una fortuna con gli immobili. Ci interessiamo sempre dell'immagine pubblica, dell'identità sociale, ma spesso quello che siamo davvero lo nascondiamo sotto il tappeto di quelle apparenze. E a me non interessa parlare di apparenze, di pavoneggiarmi o angustiarmi per un successo o un insuccesso, dato che quegli inganni li ignoro se non hanno il sostegno di un bel sogno.
Ieri ho conosciuto una cantante di musica popolare piuttosto famosa, abbiamo scoperto di avere qualche amicizia in comune, fra esse un percussionista con cui facevo piccoli concerti e che ha suonato anche insieme a lei. Lui, nonostante le enormi difficoltà e gli scarsi successi, ha continuato ostinatamente a voler vivere di musica (in questo lo ammiro), io invece rinunciai alla professione (di questo mi pento), ma non certo alla musica.
Al di là del successo, ho sentito la bellezza del sogno di tutti e tre.

martedì 20 dicembre 2011

linea di pensiero o di febbre?



Quando a questo blog si aggiunge una nuova lettrice o un nuovo lettore mi domando se la cosa mi paralizzerà ancora di più in un ruolo che non so quale sia.
Se vi sembra un discorso sballato avete perfettamente ragione, ma io lo faccio lo stesso, prima di tutto perchè è vero e poi perché ogni nuovo paio d'occhi che mi segue ingrassa il mio narcisismo fino ad un livello tale che l'abito con cui si riveste diventa sempre più stretto, talmente stretto che alla fine è così scomodo da dovermelo togliere per poter continuare a scrivere a cazzo di cane come sempre, senza preoccuparmi di deviare da una linea che non ho, perchè la mia linea consiste semplicemente nel non avere nessuna linea tranne il mio capriccio.
Dio bono, ho una coerenza invidiabile.
Dunque, lasciando le linee libere d'intrecciarsi a vanvera nel mio cervello, ecco che mi mostrano delle foglie che scambio per capelli sullo sfondo d'un cielo verde menta. Le palle d'un lampione (o un lampione palloso) s'accendono troppo presto e mi guastano gli ultimi sprazzi di crepuscolo, la mia ora preferita. Potrei starmene seduto su una panchina lì sotto a leggermi un libro, ma il freddo non è amico della lettura, mentre la luce dei lampioni non è amica della magia crepuscolare e quindi ho scattato una foto nell'ingenua convinzione di documentare un dissidio, un contrasto. Macchè, sembrano tutti tranquilli, anzi addirittura amici, gli alberi, il cielo, il pallosissimo lampione, la luce vera e la luce artificiale. E per sovramercato mi è sembrata anche una bella serata.

venerdì 16 dicembre 2011

la sintesi meravigliosa



Credo che questa vignetta di Staino riassuma perfettamente la situazione e spazzi via ogni inutile diatriba sull'argomento. Di tanti discorsi sentiti o letti in questi giorni, fra cui metto anche i miei, la cosa più concreta e condivisibile l'ha detta una ragazza proprio ieri, sostenendo che della pazzia dell'assassino se ne occuperanno i medici ma che i cittadini hanno pieno diritto d'incazzarsi anche nei confronti della sinistra che non si è adoperata affinchè luoghi di delirio e violenza come Casa Pound venissero chiusi.

mercoledì 14 dicembre 2011

A e B



Ero in via Borgo S.Lorenzo, un elicottero se ne stava sospeso sulla piazza dell''omonimo mercato, ancora non sapevo cosa fosse accaduto pochi minuti prima. Mi erano giunte solo voci di un duplice delitto in un'altra piazza lontano da lì, sembrava una roba di regolamento di conti fra spacciatori.
Non era affatto così.
Adesso assisto all'ennesimo teatrino di discussioni e distinguo fra razzismo e pazzia (qualcuno la chiama follia ma il termine non è corretto), come se dicendo che è stato il gesto di un pazzo si temesse di mitigarne la condanna o di assolvere implicitamente, separandola, la cultura che a quel gesto ha condotto. Mi dispiace, ma non è così. Anche se è difficile sostenere che tutti i razzisti sono pazzi, possiamo però dire che è la loro cultura ad essere pazza. Poi per fortuna sono solo pochi i pazzi conclamati che agiscono quel portato culturale.
La pazzia si genera dall'alterazione delle immagini interne, poi invade il pensiero rendendolo anaffettivo, ma quando passa all'azione diventa psicosi conclamata.
Uno può essere razzista e fermarsi sulla soglia della realizzazione dei suoi convincimenti, non è un granchè ma significa che gli resta ancora un barlume di rapporto con la realtà umana.
Quando perde quel rapporto, ossia quando l'immagine interna umana si disgrega, allora è la fine e i pensieri astratti e l'anaffettività dilagano facendo perdere il senso all'umano. Si entra nel delirio.
Curare un pazzo è un dovere medico, ma che senso ha curare senza debellare le cause della malattia?
Ed ecco la domanda gigantesca: Un vero psichiatra può esimersi dal fare politica? Può rimanere indifferente di fronte alla dissociazione dilagante nella cultura e nella società?
Me lo chiedo perchè è lo stesso principio che ci ha portati a bandire l'amianto e le sostanze ritenute pericolose per la salute fisica.
E per la salute mentale cosa dovremmo bandire?

giovedì 8 dicembre 2011

la clandestinità e (è) l'incubo dei potenti (piccolo delirio di poche sinapsi in libertà non vigilata)



Quando costruirono la bomba atomica pensarono di aver finalmente raggiunto l'onnipotenza divina. Il dio in cui credevano era un dio vendicatore e l'uso di un'arma così micidiale non rappresentava un rifiuto verso l'ottusa resistenza nemica ma una negazione, fino all'annullamento della realtà umana.
Se nelle loro menti non ci fosse stata quell'idea di dio si sarebbero spaventati, si sarebbero fermati, perchè non avrebbero avuto in sè quell'immagine astratta e così terribilmente violenta. Ma quel dio lo avevano inventato proprio per distruggere i nemici, sostenendo che non esisteva nessun altro dio al di fuori del loro.
Il monotesimo aveva aperto le porte a questo enorme pericolo. L'idea dell'infallibilità divina poi non lasciava nessuno spazio alla dialettica.
Dopo la prima atomica ne sganciarono un altra. Se la prima era stata un'idea pazza seguita da un gesto psicotico, la seconda ne ratificava e consolidava la criminalità. Non era più nemmeno il caso di parlare di odio, lo sterminio compiuto premendo un semplice pulsante sradicava completamente ogni possibilità e senso di pietà umana.
L'umano non esisteva più.
Il dio astratto ed alieno era definitivamente entrato nelle loro menti come nel vecchio film di fantascienza "L'invasione degli ultracorpi".
La ragione li condusse ad una falsa idea di bontà legata all'utile: non si poteva ucciderci tutti, altrimenti ci saremmo estinti. E la ragione osservava il mondo animale chiamandosene fuori solo grazie a se stessa: è la ragione che distingue gli esseri umani dagli animali. E così, osservando i predatori ed i carnivori, pensò che anche fra gli esseri umani c'erano i forti e i deboli e che la natura creata da dio permetteva agli eletti di sottomettere i deboli, agli uomini in grazia di dio di sottomettere e guidare chi non riconosceva il dio o non era toccato da quella grazia.
Furono sterminati milioni di individui.
Ma gli eletti avevano bisogno di sudditi per regnare e quindi permisero alle genti di vivere, purchè in schiavitù.
Fu messa al bando l'atomica, troppo invasiva, grossolana e difficilmente gestibile, al suo posto fu introdotto l'uso sistematico del debito pubblico: ogni nuovo nato, per quanto innocente e ignaro, avrebbe avuto in eredità un debito, coerentemente e parallelamente all'idea del peccato originale. Non sarebbe stato possibile per lui vivere nel contesto sociale senza accollarsi quel debito, pena la perenne clandestinità.
Gli eletti gestivano quel debito come dio gestiva le tempeste e le carestie.
Iniziò a farsi largo nella mente di alcuni sudditi l'idea di una clandestinità culturale e intellettuale, iniziarono intese e alleanze non scritte, un codice di comportamento che rifiutava ogni complicità attiva o passiva con il sistema degli eletti. E poichè quel sistema era basato sul mercato fu da lì che iniziò la rivolta silenziosa, usando proprio l'arma del nemico, il mercato, ma privandola dei proiettili, ossia il denaro. Iniziò in sordina un piccolo movimento di scambi, di merci o di lavoro, che non aveva rapporto col denaro ma con l'esigenza di condivisione e coesione. Una sorta di nuova alleanza che permetteva, a poco a poco, di sfuggire alla dittatura del denaro.
La crisi si avvitò su se stessa ma chi aveva intrapreso il percorso virtuoso dello scambio senza denaro e senza accumulo di esso vide crollare uno dopo l'altro i grandi centri commerciali. Le multinazionali che rifonivano quei centri iniziarono a perdere potere perchè non accumulavano più denaro.
Alcuni grandi capitalisti avevano da tempo annusato il vento e si erano dati da fare per accaparrarsi la maggior parte di terreni disponibili, ben sapendo che senza terra non si producono le materie necessarie alla sopravvivenza. Se la rivolta aggrediva il superfluo non avrebbe certo vinto contro l'essenziale.
Lo scontro si fece violentissimo e i meno sprovveduti si ricordarono che un'antica rivoluzione, in un lontanissimo 1789, aveva avuto i suoi germogli nella rivolta contro le recinzioni dei terreni a maggese che impediva ai contadini di far pascolare le loro poche bestie.
Ci si rese immediatamente conto che lo scontro sarebbe avvenuto non tanto per la proprietà privata ma per il concetto di bene comune. Improvvisamente (ma un primo timido segnale fu in un lontano referendum sull'acqua) dilagò una inaspettata presa di coscienza dei diritti inalienabili di ogni essere umano, liberando la mente dai dogmi e dalle servitù ideologiche imposte da certi falsi pensatori, da politici asserviti o da economisti privi di una benchè minima idea di realtà umana.
Sembrava incredibile ma gli esseri umani si resero conto di cosa significava essere tali, compresero che una cultura plurimillenaria li aveva ingannati, prima di tutto con l'idea di Dio e la conseguente sudditanza dell'uomo ad un potere astratto.
Divennero clandestini dell'anima e, in quanto tali, solidarizzarono, perché non furono più sottomessi per nascita ad una religione, a una cultura ufficiale o a una credenza, a un'appartenenza territoriale o a un'etnia. Ognuno era libero di pensare ed essere quello che voleva, ma solo se il suo pensiero generava una libertà condivisibile da tutti, ovvero la libertà era libertà di essere esseri umani. Finalmente non si parlò più illusoriamente e ipocritamente di democrazia, al suo posto si fecero largo l'idea della condivisione e della condivisibilità, il bene comune rendeva giustizia ad un individualismo sano.
Il pianeta tirò un sospiro di sollievo.
Cazzo, che incubo orribile ho fatto, pensò il segretario del club Bilderberg svegliandosi da un sonno agitato!

mercoledì 7 dicembre 2011

conoscenza e consuetudine

Il monolocale è sfitto, chissà dove sono andate a stare le cinciarelle,


la panchina dei pensieri resta vuota in attesa di stagioni migliori,


ma le mie roselline rosse stanno da dio!


Lo so, è una mia vecchia mania animistica quella di ragionare con le piante, fino dai tempi in cui dialogavo con dei pomodorini saccenti e svogliati, ma questa rosellina qualche anno fa stava morendo, allora la trapiantai in un punto che mi sembrava potesse piacergli ed eccola là, fiorisce anche a dicembre madonna bona!
Adesso come faccio a non vedere e non dire che quei due petali in basso sono le sue manine protese in un gesto di offerta e ringraziamento?


Va bene, non c'è bisogno del 118, è solo un cazzeggio per stemperare l'insofferenza che sempre mi provoca l'avvicinarsi del Natale con l'obbligo di rispondere cortesemente alla gente che ha già cominciato a farmi gli auguri.
Quanto mi conoscono poco...

domenica 4 dicembre 2011

L'appendice



E ieri sera, parlando con amici sull'argomento del post precedente, mi son detto: che scemo che sono, non ho pensato subito ad un altro aspetto fondamentale della vicenda.
Perduti come siamo nel nostro narcisismo da blogger a volte non pensiamo davvero agli altri.
Cosa ho pensato?
Ho pensato ai depressi che leggono quegli articoli sui giornali dove la depressione viene equiparata ad un tumore allo stadio terminale.
Cosa penseranno loro? Quali conclusioni potranno trarre? Quale speranza di cura gli rimarrà? Con quanta fiducia potranno acchiappare il filo di una relazione terapeutica (cardine per ogni psicoterapia), se è proprio un medico ad aver dato la morte come risposta ad un pensiero alterato dalla depressione?
Me le chiedo soltanto io queste cose?
No, ovviamente!

giovedì 1 dicembre 2011

Eutanasia???



Forse è un po' la noia, forse è l'età, forse è la stanchezza di leggere sempre la confusione nel pensiero di certi giornalisti.
Il fondatore del Manifesto ha deciso di smettere di vivere, lo ha fatto per depressione.
Subito, accanto al sincero dispiacere di alcuni, si accalcano e si sprecano le interpretazioni sballate. E qualche sostenitore dell'eutanasia (eutanasia che io stesso sostengo) si lascia trasportare in un pasticcio mentale che non distingue una malattia incurabile come quella di un famoso regista che decise di morire non molto tempo fa, da una depressione come quella del fondatore del Manifesto.
Come se essere depressi fosse uguale ad avere un tumore allo stadio terminale.
No, mi dispiace ma non è così.
La depressione è curabile ed accettare che un depresso si uccida è indifferenza.
Non deve confonderci il fatto che la persona in questione avesse 79 anni.
Se a chiedere la morte fosse un ragazzo di vent'anni, sano e integro nel corpo, saremmo tutti d'accordo a chiederne la cura psichiatrica. Se a chiederlo è un uomo anziano dovremmo comportarci diversamente?
Non solo, ma osservo che, latentemente, viene fatto passare un messaggio di rassegnazione e di alleanza col pensiero del suicida che nega la voglia e la gioia di vivere.
Per me non esiste nemmeno il suicidio etico, poichè ad ogni livello ed in ogni modo il suicida lancia un messaggio di assoluta negazione. Il suicida "non vuole" che si lotti affinchè le cose si trasformino perchè dice e pensa che le cose non cambieranno mai, condannando il mondo alla morte ed all'immobilismo invece di lottare affinchè la vita di tutti diventi migliore. Questo è il messaggio del depresso autentico e va rifiutato decisamente, senza cadere in sofismi esistenzialistici che avvelenerebbero il pensiero con falsi concetti di libertà.
Il rifiuto però non ci toglie il dolore per la perdita, rifiutare non significa essere anaffettivi.