lunedì 28 febbraio 2011

Da Salvemini ai SUV



Lo so, nel post precedente avrei dovuto scrivere che mi trovavo all'inizio del rinascimento e non nel tardo rinascimento. Me ne dolgo perchè questa prolissità storica mal si lega a quello che volevo dire e quindi diventa impossibile fare una fantasia sul presente che viviamo. La prolissità deriva dal fatto che il luogo in cui ho piacevolmente dormito è una splendida villa medicea non medicea, ovvero fu acquistata dai Medici nella seconda metà del '500 dopo che la famiglia dei Bardi l'aveva fatta costruire (che appropriazione di aggettivazione indebita, la storia ne è piena). Allora via, faccio ammenda e metto al bando la precisione storica per dare briglia sciolta alla fantasia che, dopo la manifestazione del 13 febbraio e ascoltando i sommovimenti dei popoli sottomessi del nordafrica, vuole iniziare a pensare (e sperare) che le cose stanno cambiando. Non mi illudo più di tanto, ma il processo è inarrestabile perchè la stagnazione degli ultimi vent'anni e trent'anni e cinquant'anni (che a dire il vero sono molti di più ma non voglio ora dilungarmi) è arrivata ad un punto di saturazione ed ebollizione insopportabili. I sistemi dovranno inventarsi delle soluzioni o la pentola scoppierà. Mi domando se nei regimi in crisi adotteranno la soluzione americana, ovvero quella di eleggere un presidente di colore per far sembrare vero il cambiamento, anche se poi cambia ben poco, oppure se finalmente non faremo la fotocopia delle strategie americane, non considerandole più, una buona volta, all'avanguardia di niente, per intraprendere un percorso originale e svincolato dalla coazione a ripetere tanto cara ai regimi teocratici.
La scoperta dell'America fu un inganno mascherato da verità, una promessa di un mondo nuovo in cui esportare tutto quanto di più vecchio avevamo per depredarlo di risorse come fossimo vampiri assetati di sangue. Sarebbe carino, per una volta, rapportarsi ai nuovi mondi, che ci auguriamo di scoprire in futuri viaggi interplanetari, non invadendoli con la nostra immondizia, non imponendo quel segno di Caino che tanto sta a cuore alla chiesa ed al colonialismo industriale.
Esportiamo piuttosto l'umanesimo e, nel contempo, laviamoci di dosso tutta la spazzatura che il crisitanesimo e le religioni in genere, oltre che la borghesia capitalista, ci hanno riversato addosso.
Accennavo, nel post precedente, alla tabula rasa. Non ce n'è bisogno a livello umano, ce n'è bisogno, in parte, a livello culturale.
Voglio essere banale e spiritoso nel parafrasare Gaetano Salvemini, ma se riuscissimo a portare anche un solo proprietario di SUV a capire che ha acquistato una macchina idiota la nostra vita non sarebbe vissuta invano.
Figuriamoci a convincere un elettore del centrodestra!!!

risvegli?

Non chiedo niente
e così quello che trovo
mi sembra un regalo.
Mi oppongo al violento,
ma il resto è libero
e così libero resto io.


Mi piace scrivere come se nessuno mi leggesse, ben sapendo che è una menzogna, ma è una menzogna sincera, ed io adoro certi ossimori.
Mi sono svegliato nel XVI secolo, non è una menzogna, è una fantasia suggerita dal luogo in cui ho dormito. Per cui ho pensato che avevo la mente sgombra e, di conseguenza, che non ho bisogno di nessuna concentrazione meditativa per raggiungere quello stato di libertà che qualcuno confonde con la "tabula rasa" a cui ambiscono in oriente. Io diffido dalle tabule rase perchè esse possono nascondere il vuoto (che è assenza mentale patologica) o addirittura lo smarrimento schizofrenico. Io semmai faccio piazza pulita delle immagini guaste o false, se me le ritrovo dentro, ma quelle buone me le tengo eccome, tanto so che si trasformano in continuazione.
Lo hanno fatto fin dalla mia nascita, sono il mio corredo affettivo, il DNA della mia fantasia, poca o tanta che sia.
La notte ed il sonno che porta i sogni sono la mia meditazione più profonda, poi ne esiste un'altra che faccio da sveglio ma di cui, semmai, mi accorgo solo dopo un po' di tempo. Qualcuno l'ha chiamata immagine inconscia non onirica.
Dunque, ricapitolando, sono nel tardo rinascimento e, se penso ad un post di qualche tempo fa, vuol dire che c'è della coerenza in me.
Bello dormire in una stanza alta sei metri, uscire e sentire il crocchiare della ghiaia sotto i piedi e vedere una foschia leggera tingere di blu le colline sullo sfondo.
Adesso torno lucido e lo scrivo, ma che palle la lucidità, non sono mica un pavimento di marmo!

mercoledì 23 febbraio 2011

Spiccioli



Me ne vado stanco
di cercar parole
come spiccioli nelle tasche
che ho sfondate.
E mentre cammino
mi dolgo piano
ché anche le scarpe
le ho bucate.
Così lascio una scia
di frasi e di tormenti
sul ciglio delle strade
di pioggia spolverate.


Chissà se un giorno
ad un crocicchio bianco
ti piegherai a guardare
un rotto saltimbanco.
Chissà com'avrà gl'occhi
vedendo il tuo sorriso
Chissà se avrà parole
ancora nelle tasche
o se le scarpe
saranno delle vasche.

domenica 20 febbraio 2011

Paesaggio



Osservo calmo 
le nuvole in fuga
come un paesaggio
di case e di gente
dietro un finestrino
inesistente.
Affido loro
pensieri incerti
per trasformare
i volti grigiobianco,
d'acqua e nostalgia,
in un violetto stanco.
Mossi dal suono vento
che io non vedo
e solo sento,
ché dalla pelle
mi son nati gl'occhi
ed anche il tempo.

sabato 19 febbraio 2011

Omaggio



Le attività musicali ed artistiche scandiscono la vita degli indiani (d'America) molto più del lavoro, che è ridotto al minimo necessario per la sopravvivenza.

Ho letto queste parole ed ho pensato che gli indiani si godevano la vita. Forse anche questo li rendeva insopportabili agli occhi dei cattolici che li hanno sterminati.
Ho anche pensato che si parla sempre poco della loro influenza nella musica americana, privilegiando quella dei neri. E questo è ovvio dal momento che i neri erano arrivati in America come schiavi e non era economicamente saggio sterminarli dato che erano di proprietà dei bianchi, mentre gli indiani non potevano essere ridotti in schiavitù in virtù della loro indole e per il fatto che erano a casa loro, non vi si trovavano come deportati. Per cui, essendo stati sterminati, hanno avuto poco spazio per far sentire la loro influenza musicale, anche se nel rock e persino nel folk ve ne siano tracce.
Rendo loro un piccolissimo e modestissimo omaggio con questo breve brano per chitarra liberamente ispirato ai loro canti.

                                 Presto

venerdì 18 febbraio 2011

Attese


Scattai questa foto la primavera scorsa, spero che il monolocale che costruii allora sia ancora gradito alle cinciarelle.
Si capisce che non ne posso più dell'inverno? Si capisce che non ho più voglia di scrivere le mie scemenze? Si capisce che preferisco stare all'aria aperta che davanti ad un pc a fare il cretino?

mercoledì 16 febbraio 2011

Privacy



Mi stavo dibattendo nel tentativo di comprendere il senso della parola privato. A quel che ricordo deriva dai romani che lo contrapponevano a pubblico, ma il senso era quello della privazione di incarichi pubblici e, per estensione, venne poi inteso come separato e quindi, forzando appena un po', che riguarda l'individuo "da solo".
Se la cosiddetta privacy tende a difendere i movimenti e le attività del singolo fintanto non violino il codice penale o civile, va anche osservato che quello che per molti conta è il comportamento pubblico. Ossia un magistrato (meglio usare un falso bersaglio) può giocare a casa sua con le bamboline ma non può farlo in tribunale. Fa parte delle sacrosante libertà individuali no?
Io però vorrei sapere quanti cittadini si sentirebbero tranquilli se sapessero che, nell'eventualità di un processo che li vede coinvolti, venissero giudicati da quel magistrato. In altri termini ci preoccupiamo sempre del comportamento socialmente visibile ed ineccepibile ma quello che tentiamo sempre di intuire è la realtà personale-privata altrui, perchè è da quella che riusciamo a comprendere la realtà-verità di una persona.
Però non è lecito mettere in piazza quello che si è scoperto.
Mi domando perchè non sia lecito, cioè mi chiedo se questo sacrosanto rispetto non nasconda un'indifferenza o, peggio, una latente certezza che nel privato tutti siamo un po' matti.
Lungi da me l'idea di mettere telecamere e microfoni ovunque come in 1984 di Orwell e quindi mi accodo nel rispetto del privato di ognuno.
Però mi resta un piccolo tarlo, che tanto piccolo non è se penso che nei processi per efferati delitti vengono chiamati in causa gli psichiatri che devono stabilire la capacità di intendere e di volere dell'imputato per decidere se condannarlo al carcere comune o mandarlo in OPG. Mi sono sempre chiesto cosa intendono per capacità di intendere e volere quando hanno di fronte individui che hanno ucciso un loro simile non per legittima difesa. Di solito cercano il movente, come se fosse sufficiente a garantire che il criminale aveva un piano intelligibile e comprensibile. Ma è comprensibile un omicidio?
Insomma, non sono riuscito a spiegarlo bene perchè avrei dovuto scrivere troppo (bella scusa), ma io non concepisco la scissione tra pubblico e privato.
Purtroppo pare che sia molto diffusa...

lunedì 14 febbraio 2011

L'estate anche d'inverno

Spesso l'informazione ci presenta un mondo manipolato, piegato dalle parole e dai percorsi mentali che le precedono per dare ad esso una forma che elude la realtà vera sostituendola con un simulacro.
Chiusi nel silenzio della lettura di un quotidiano o nell'osservazione di uno schermo siamo portati a pensare che quella sia la realtà e, di fatto, lo è.
Ma è una realtà traslata.
Camminare in mezzo a decine di migliaia di persone che manifestano contro la reale falsità di un'immagine femminile piatta, fittizia e sconcia proposta da chi ha avuto la strada spianata verso il potere attraverso il possesso di quei media che manipolano la realtà, mi fa tirare un sospiro di sollievo, perchè ogni volta che leggevo i giornali o guardavo la tv credevo di vivere in un reality show.
Sono sempre stato grato alla natura per la diversità fisica e psichica delle donne, perchè è dal confronto con loro che ho imparato cosa sia la sessualità e non l'ho mai confusa con la genitalità. Ho imparato cosa sia il desiderio, cosa sia l'amore e cosa sia la creatività.
Se in un futuro, che non vedo tanto immediato, comprenderemo che il rapporto fra i due sessi è imprescindibile non tanto per la procreazione (che si può fare ormai in altri modi) quanto per la trasformazione psichica, scopriremo anche la chiave per sconfiggere la violenza, nella misura in cui capiremo che non può esistere un rapporto di dominio sull'altro essere umano che neghi o annulli la sua identità senza cadere nel vicolo cieco di un razzismo sterile che si guarda eternamente allo specchio. Scopriremo che la ragione ha il terrore del diverso da sè, che ha il terrore del desiderio e proprio per questo, nei secoli, le religioni ed una certa cultura, inventate dal maschio della specie, hanno negato la donna, perchè il rapporto di desiderio verso il diverso da sè scardina le certezze razionali, ed i poveri di mente hanno sempre pensato che gli uomini morirebbero di fame se si lasciassero andare alle passioni, perchè smetterebbero di accumulare il cibo per l'inverno godendosi la vita d'estate come le cicale (quest'immagine l'ho rubata a M.Fagioli).
Io ho sempre cercato, per quanto ho potuto, di godermi la vita nell'estate del desiderio, dove non esiste l'inverno.
Ancora non sono morto di fame, anzi, devo perdere quei tre chili che ho di troppo. 

giovedì 10 febbraio 2011

Domenica!





Domenica 13 andrò in piazza perchè amo le donne.
Non penso ci sia da dire altro, c'è solo da ascoltarle.

martedì 8 febbraio 2011

recinti e carretti



Mi raccontava un amico di quanto sia irrinunciabile il rapporto con l'altro sesso. Mi diceva che era un rapporto non facile e che quando sembrava facile era una fregatura. Lui, mi diceva, aveva capito che non si doveva fare mai un relazione rassicurante del tipo madre-figlio, ma neanche una sadomasochistica perchè è distruttiva. Ed io gli chiesi come doveva essere una relazione. Si improvvisò poeta e disse:

Canti l'attimo d'un sogno
nel tuo guscio fra le onde
sei un afasico menestrello.

Mi sembrò un po' pessimista e glielo dissi. S'incazzò come una belva e mi disse che non capivo una sega, e che afasico per lui significava, poeticamente, non riuscire a trovare le parole, ma soltanto quelle.
Lo snobbai, e dissi a mia volta che se uno tace nessuno lo ascolta. Ma lui m'incalzò ribellandosi al linguaggio e disse:

Sei un carretto da tirare
sei un mulo da fiaccare
guardi incredulo il recinto
se sei dentro ti hanno vinto.

Ed io, di rimando, chiesi se il recinto era il rapporto o il linguaggio. A quel punto lo vidi gongolare. Poi trasfomò il recinto in una linea e disse che la linea è separazione, che ci serve per separare e separarci, per scrivere e vederci, per riconoscerci, anche se non esiste nella realtà, è solo un'idea-immagine.

Se ne vanno gli anni
come fiumi di vento
se ne vanno gli amori
come ombrelli aperti.

Dopo aver sentito questi versi maldestri pensai al gioco di cui è fatta la poesia, immagini e suoni. Il linguaggio imparato è solo un recinto da saltare, una linea da trasformare in corda, per suonarla sul ciglio della musica e della pittura. Scolpire le parole? No, danzarle in punta di penna.

Già, ma non si parlava di rapporto con l'altro sesso??? 


Appunto, non chiudere mai l'altro in un recinto, seppure dorato.


Che post dissociato!

Fatti i cazzi tuoi!

venerdì 4 febbraio 2011

Film, fantasia, realtà.



C'è un film che mi porto nel cuore, il pranzo di Babette. Un ottimo film, con una grandissima interprete. Tutto conduce verso una frase: un artista non è mai povero.
A me è sempre piaciuto giocare col cibo, in convivialità, senza però scadere nelle abbuffate, è la qualità che conta. Amo il motto: chi non sa stare a tavola non sa stare al mondo.
Sono stato invitato a cena da una novella Babette, orgogliosa e consapevole dell'arte sua.
Non mi era mai capitato di trovarmi di fronte ad una fonduta a base di pesce e la sorpresa è stata oltremodo piacevole. Con scioltezza e naturalezza ho visto la tavola, agghindata di una bella tovaglia rosso pompeiano con fiori sparsi, popolarsi via via di ciotoline con salse deliziose, dal curry che io adoro, alla maionese con erbette, al ginger e yogurt ed altre ancora troppo complicate per me da ricordare perchè già lo spumantino secco, preso come aperitivo, mi avvolgeva in mondi goduriosi ed immagini dai contorni sfumati, mentre Babette si muoveva calma e sicura, ed i suoi occhi erano due fornellini accesi che scaldavano tutto ciò che osservava. Poi compaiono due grandi vassoi colmi di varie qualità di pesce, tagliato in piccoli pezzi adagiati su foglie di lattuga e pronti per essere infilzati ed immersi nella pentola d'olio bollente posta al centro tavola.
Che meraviglia sospendere il tempo in una conversazione politematica fatta di tutto quello che viene in mente fra un sapore e l'altro. C'è spazio per tutto, anche per ombre nascoste, ed uno sguardo che momentaneamente s'incupisce per poi tornare ad illuminarsi: Babette non è una persona qualsiasi.
Le frasi s'intrecciano con un'insalatina di finocchio, radicine rosse e semi di cumino. Ed il vino? Perfetto, finalmente un bianco non fruttato che si insinua elegante e discreto nel palato e si armonizza al gusto delicato del pesce.
Ero già gongolante e beato, dolcemente disposto verso il mondo quando arriva il tocco dell'artista, del genio, con la sua fantasia creativa negli abbinamenti e compare in tavola un'altro piccolo fornellino con sopra una ciotola colma di cioccolato fuso nel quale immergere spicchi d'arancia. Da svenire! Ma ancora più superlativo è il connubio con un barolo "chinato" a me sconosciuto. Ne esco vinto nelle resistenze, leggero nel corpo e nell'animo, estasiato, addolcito, inebriato. Proprio come accade ai commensali nel pranzo di Babette. Intanto, marginalmente, affiora in me un pensiero sull'anoressia e l'orrendo baratro in cui sprofondano le adolescenti, frigide sacerdotesse di un'algida negazione del corpo, che devono controllare perchè non ne hanno la misura.
Babette è l'opposto, morbida e rotonda, si muove danzando coi suoi fianchi latini, ed una saggezza antichissima sgorga dalle sue labbra quando parla.
Lo stile non è la ciliegina sulla torta, è la torta.

giovedì 3 febbraio 2011

La bocca della verità



Le nostre labbra
s'incontrarono un mattino
ed ora amore mio
non è mai sera.

A privativa



Sul mio profilo facebook, alla voce "orientamento religioso", ho scritto ateo. Poi ho aggiunto ateo abbestia. Poi, siccome ero ancora insoddisfatto, ho aggiunto una semplicissima riflessione sulla A privativa, come se, nel linguaggio e quindi nel pensiero comune, non credere in dio fosse una privazione, come se dio fosse un fatto e non un'invenzione. Allora, ribellandomi (anche se inutilmente perchè non riuscirò a trasformare il linguaggio), ho scritto che vorrei vivere in un mondo in cui non esistesse nemmeno la parola dio, perchè trovo assurda la A privativa, poichè io non mi privo proprio di un bel niente dal momento che dio non esiste. Posso essere amorale, nel senso di pormi al di fuori di una morale e di un comportamento socialmente consolidato ed esistente, ma non posso essere ateo, è una contraddizione in termini. Sarebbe più corretto dire non credente, anche se, come è facile notare, c'è sempre la costrizione all'uso della negazione.
Io invece prediligo il rifiuto e quindi dico NO, perchè preferisco il pensare al credere.
Forse la cosa più saggia ed aristocratica sarebbe stata quella di non scriverci proprio nulla.
Ma già che ci sono mi diverto un po' a denunciare l'orrenda parola tanto cara ai religiosi quando parlano di chi non è dalla loro parte o della loro religione, tolleranza.
Io non tollero un cazzo invece e nemmeno voglio essere tollerato, è la parola più ipocrita che si possa usare nei confronti di chi è diverso da noi, è la parola più lontana dal dialogo e dalla comprensione. E' una parola che cova l'annullamento dell'altro attraverso una onnipotenza delirante del proprio credo. Oltre al fatto che i cattolici, ad esempio, di fatto non tollerano un bel niente, visti i continui e ripetuti attacchi alle conquiste della società civile come la pillola, il divorzio, la ricerca sulle staminali, l'aborto e via dicendo. Perchè, di fatto, non limitano i loro diktat ai propri fedeli ma vogliono imporli anche a chi non è dei loro.
Quindi, forse, sarebbe meglio usare il termine rispetto, ma già mi rendo conto che è assurdo anche questo se, nei presupposti storico-culturali, si hanno credenze incondivisibili come lo sterminio, i roghi, l'annullamento della donna ed altre indicibili violenze.
Posso rispettare un Hitler?
Mi rammarico con me stesso nel vedere che se seguo un filo coerente arrivo sempre alla conclusione che non esiste nessuna possibilità reale di dialogo con chi ha una mentalità religiosa, perchè è un dialogo impossibile. E quindi, contraddicendomi, dovrei ripristinare il termine tolleranza.
Ma non mi riesce, io non tollero le invadenze e i deliri quindi:
Le credenze devono restare nel privato, se sconfinano nel pubblico diventano Anormali.
E così la A privativa gliela rifilo a loro.
(Si vede che non ho un cazzo di meglio da fare stamani? Vabbè, ora scriverò un post più carino)

martedì 1 febbraio 2011

ricordi adolescenziali


Canned Heat: On the road again

Sì, mi piacerebbe smettere di scrivere cazzate e parlare con la musica, mia o di altri poco importa.
Oggi mi sento così, ma non ascoltate questo brano a basso volume, sarebbe come fare l'amore con le mutande!